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Lot # 416 - Medaglie Estere. AUSTRIA. Impero Austro Ungarico (KUK) – Francesco Giuseppe I (1848-1916) - Croce Militare Giubileo. La croce militare del giubileo (Militär-Jubiläumskreuz) fu istituita il 14 agosto 1908 dall'imperatore Francesco Giuseppe I in occasione del suo 60º anniversario dell'ascesa al trono, che cadeva il 2 dicembre dello stesso anno, ed era destinata ai membri delle forze armate come variante della croce del giubileo del 1908. Con questa onorificenza l'imperatore voleva ricordare i suoi passati di militari del 1848, quando aveva combattuto in Italia durante la prima guerra d'indipendenza agli ordini del feldmaresciallo Josef Radetzky. Potevano esserne insigniti tutti i militari dell'Imperiale e regio esercito, della K.u.K. Kriegsmarine e della Gendarmeria, così come tutti i coscritti già addestrati e che avevano effettuato almeno due richiami in servizio al momento dell'assegnazione, e tutti i veterani. La sua assegnazione non comportava nessun premio in denaro. La forma dell'onorificenza corrispondeva alle altre versioni della Croce dell'anniversario del 1908.  La decorazione venne creata dall'artista e incisore imperiale Rudolf Marschall, ed era costituita da una croce di 37 mm di diametro, le cui braccia erano collegate tra loro da una corona d'alloro. Al centro della croce vi era un medaglione rotondo di 20 mm di diametro, sul quale è raffigurata l'immagine dell'Imperatore, che indossava l'uniforme da feldmaresciallo e l'insegna dell'Ordine del Toson d'oro, rivolta a sinistra. Sul bordo sinistro del medaglione vi era l'iscrizione FRANC IOS I. La parte posteriore della croce era liscia, e sulla parte centrale dello scudo rotondo vi erano incise, su due linee, le date 1848-1908. Realizzata in Bronzo (AE) (Dimensioni 37x37mm, 29.9g.). È corredata dal suo nastrino originale nei colori bianco e rosso. Conservazione BB
Lot # 427 - Medaglie Estere – Repubblica di Ecuador (dal 1830) – Battaglia di Pichincha - Rara. Medaglia, non portativa, di grande formato, emessa nel 1922 per i 100 anni della Battaglia di Pichincha. Al dritto un cavaliere a cavallo, di passaggio, di profilo sulla destra, sotto L: CASADIO intorno scritta CENTENARIO DE LA BATALLA DE PICHINCHA in esergo 1922. Sul rovescio, Mercurio alato con una torcia, un gruppo di guerrieri prima di entrare in battaglia, una musa seduta con una lira e una figura accanto a una pira in esergo 4 DE MAYO / DE 1922 a lato s. L. CASADIO. Opus Luigi Casadio. Realizzata in bronzo dorato (AE) (ø 79mm,304 gr.). Sul bordo reca due punzoni uno rettangolare ed uno triangolare. Conservazione SPL. Rara (R). La battaglia di Pichincha ebbe luogo il 24 maggio 1822 tra le forze patriottiche comandate da Antonio José de Sucre e le truppe realiste guidate da Melchor Aymerich. Lo schianto avvenne sulle pendici del vulcano Pichincha, a Quito, nell'attuale Ecuador. L'esercito patriottico era composto da 2900 uomini, la maggior parte dei quali provenienti dal Gran Columbia (battaglioni Paya, Magdalena e Yaguachi) e peruviani (battaglioni Trujillo e Piura). C'erano anche inglesi e argentini. I realisti contavano 3000 soldati. Sucre aveva portato le sue truppe da Guayaquil a Quito, con l'obiettivo di espellere gli spagnoli da questa città. Dopo molte difficoltà, raggiunse le pendici del vulcano Pichincha il 23 maggio 1822. Nella notte ordinò la salita e all'alba del 24 maggio avevano guadagnato una buona altezza. Ma gli spagnoli li avvistarono e salirono sul vulcano per affrontarli. Nel violento scontro i battaglioni patrioti combatterono coraggiosamente, ma erano a corto di munizioni e subirono pesanti perdite dal fuoco nemico. Quando sembrò che la vittoria fosse a favore degli spagnoli, il battaglione Albion (inglese) apparve sulle alture, con munizioni e rinforzi. I patrioti tornarono alla carica e riuscirono a disturbare e mettere in fuga il nemico. La vittoria patriottica a Pichincha permise la liberazione di Quito e la sua annessione alla Repubblica della Gran Colombia, Sucre entrò trionfalmente a Quito il 25 maggio.
Lot # 429 - Medaglie Estere – Regno di Francia – Luigi XIV (1774-1792) - Dunkerque. Medaglia, non portativa, emessa a ricordo della caduta della città di Dunkerque. Al dritto busto giovanile, laureato del re a d. intorno scritta LUD XIIII FR ET NAV REX CHRISTIANISS sotto il taglio del collo firma dell’incisore I. MAUGER F. (fecit). Al rovescio visione frontale del porto di Dunkerque, davanti intorno scritta VIRES HOSTIUM NAVALES ACCISAE, in esergo DUNKERCA EXPUGNATA MDC XLVI. Sul bordo incisione BRONZE con simbolo cornucopia (simbolo della zecca di Parigi a partire dal 1880). Condizioni FDC. Realizzata in bronzo (AE) (ø 40.5mm, 28.5gr.). Riconio posteriore. Luigi XVI di Borbone (Versailles, 23 agosto 1754 – Parigi, 21 gennaio 1793) è stato re di Francia dal 1774 al 1792, avendo ereditato il trono dal nonno Luigi XV; dal 1º ottobre 1791 regnò con il titolo di "re dei Francesi" fino al 10 agosto 1792, giorno della sua deposizione, e di fatto ultimo vero sovrano assoluto per diritto divino (monarca costituzionale dal 1791). Inizialmente amato dal popolo, sostenne la guerra d'indipendenza americana, ma non fu in grado di comprendere appieno gli eventi successivi in patria. Nei primi anni di regno Luigi fu un sovrano riformista: abolì la servitù della gleba, la corvée e la pena di morte per diserzione, oltre ad altre tasse imposte ai borghesi e al popolo in favore dei nobili, che furono ostili a queste decisioni, e tentò di migliorare le finanze e la situazione della Francia nominando ministri come Jacques Necker, infine convocando gli Stati generali. Continuò la politica di emancipazione degli ebrei e restituzione dei diritti religiosi dei protestanti, di fatto ripristinando l'editto di Nantes abolito da Luigi XIV: emise l'editto di tolleranza di Versailles del 1787, coadiuvato da Malesherbes, verso tutti i non cattolici, e ratificò il provvedimento di piena cittadinanza agli ebrei del 1791 votato dall'Assemblea Nazionale. Dalla personalità esitante, accettò almeno formalmente la Costituzione, seppur personalmente contrario in quanto fautore convinto dell'assolutismo e del diritto divino dei re, e tentò di lasciare la Francia con la famiglia nel 1791 con la fuga a Varennes, atto che gli valse la riprovazione di una parte del popolo e probabilmente gli costò la vita poiché considerato un tradimento a favore dei controrivoluzionari emigrati e degli stati stranieri in guerra con la Francia. Durante la Rivoluzione venne chiamato Luigi Capeto, in quanto discendente di Ugo Capeto, fondatore della dinastia, nell'intenzione di dissacrarne lo status di re, e soprannominato derisoriamente Louis le Dernier (Luigi Ultimo; in realtà non sarà l'ultimo re di Francia, distinzione che spetterà a Luigi Filippo, figlio di suo cugino Luigi Filippo II di Borbone-Orléans). Dopo la deposizione, l'arresto e l'instaurazione della Repubblica (1792), fu giudicato colpevole di alto tradimento dalla Convenzione nazionale, venendo condannato a morte e ghigliottinato il 21 gennaio 1793 a Parigi. La sua morte segnò la fine di un'epoca e di un regime. Il giovanissimo figlio Luigi XVII non regnò mai e morì in prigionia nel 1795. Luigi XVI fu riabilitato legalmente, assieme alla consorte Maria Antonietta, ghigliottinata il 16 ottobre 1793, da suo fratello Luigi XVIII con la Restaurazione (1815) e con l'emanazione della legge contro i regicidi che puniva con l'esilio i membri della Convenzione Nazionale che avevano votato la condanna a morte (1816). La Chiesa cattolica, già dal 1793, ricorda la morte della famiglia reale, celebrando messe di suffragio, principalmente in Francia. La sorella Madame Elisabeth, serva di Dio, e Luigi furono paragonati ai martiri per odio alla fede da papa Pio VI