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Lot # 845 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA - VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – MANTOVA – GUERRA DI LIBERAZIONE (1943-1945). Medaglia, portativa con cambretta, commemorante il Gruppo Combattimento di Mantova. Al dritto scritta GRVPPO DI COMBAT. MANTOVA al centro palazzo ducale e stemma comunale. Al rovescio figura maschile in nudità eroica corre verso d. impugnando un gladio attorno a lui lance, cannoni, fucili e stendardi con emblemi Savoia in basso festone con smalti gialli e verdi e scritta ABBI FEDE. La medaglia realizzata in bronzo argentato (AE) e smalti giallo verdi (Ø37.4mm, 18.5g.). Conservazione BB. Con cartellino di identificazione di vecchia collezione. Riferimenti Casolari SD-108 (per la tipologia senza smalti). All’armistizio la divisione Mantova si trova in Calabria, dove fronteggia la 1^ divisione canadese, sbarcata il 3 settembre. Successivamente è utilizzata per inviare reparti a Napoli (protezione impianti) e in Calabria e Puglia. Nell’agosto 1944 inizia la costituzione di un Gruppo di combattimento che avviene a partire dal 1° ottobre. Esso è così costituito: Comando76° Reggimento fanteria, rinforzato da una Compagnia cannoni da 6 libbre (57 mm), e una Compagnia mortai da 76;114° Reggimento fanteria (come il precedente);155° Reggimento artiglieria con cannoni da 87 e da 76 e un Gruppo contraerei da 40; CIV battaglione misto genio; Servizi. Comandante rimane il Gen. Guido Bologna. Nella primavera del 1945 il Gruppo raggiunge la zona del Chianti e, dal 26 aprile 1945, passa alle dipendenze dirette della 8^ Armata britannica. La fine delle ostilità in Italia non ne consente l’impiego in linea.
Lot # 854 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA - VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA. Medaglia, portativa con attacco a staffa con anello, coniata nel 1931 commemorante Emanuele Filiberto di Savoia, detto Duca Invitto, Comandante della III Armata durante il Primo Conflitto Mondiale. Al dritto busto in divisa di Emanuele Filiberto di Savoia, con elmetto Adrian, verso s. intorno scritta DVCA INVITTO DELLA III ARMATA. Al rovescio rappresentazione della Croce della III Armata con scritta EMANVELE FILIBERTO DI SAVOIA DVCA D’AOSTA 13 1 1869 – 4.7.1931. La medaglia realizzata in argento (AG) (Ø31.9mm, 14.5g.). Conservazione BB. Con nastrino amaranto. Con cartellino di identificazione di vecchia collezione. Emanuele Filiberto di Savoia, duca d'Aosta (nome completo Emanuele Filiberto Vittorio Eugenio Alberto Genova Giuseppe Maria di Savoia; Genova, 13 gennaio 1869 – Torino, 4 luglio 1931), è stato un generale italiano, membro della famiglia reale italiana, appartenente al ramo Savoia-Aosta. Principe delle Asturie dal 1870 al 1873 quando suo padre, Amedeo, era re di Spagna, dopo l'abdicazione del genitore ritornò alla corte reale italiana col titolo di Duca d'Aosta dal 1890, con la morte di suo padre. Ricordato tra le maggiori figure della Prima guerra mondiale, comandò la 3ª Armata del Regio Esercito, la propaganda bellica italiana lo soprannominò Duca Invitto, enfatizzando la mancanza di una vera e propria sconfitta sul campo durante le battaglie dell'Isonzo. Durante la dittatura fascista ottenne il rango di Maresciallo d'Italia.
Lot # 856 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA- VITTORIO EMANUELE II (1861-1879) – URBINO – RAFFAELLO SANZIO. Medaglia, non portativa, di tipo premiale per l’accademia artistica Raffaello Sanzio di Urbino emessa nel 1869. Al dritto busto di Raffaello a s. con cappello e camicia ACCADEMIA ARTISTICA RAFFAELLO URBINO in basso L. SEREGNI F. Al rovescio nel campo entro rami di alloro legati in basso da nastro ONORIAMO LE ARTI. Realizzata in bronzo (AE) (Ø 27.3mm, 11.4g.). Riferimenti Genovese il volto di Raffaello nelle medaglie nr. 24. Opus Luigi Seregni. Conservazione BB/SPL. Raffaello Sanzio (Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520) è stato un pittore e architetto italiano, fra i più celebri del Rinascimento. Considerato uno dei più grandi artisti di ogni tempo e fra i massimi interpreti del concetto estetico del Bello, Raffaello ha vissuto una parabola lavorativa relativamente breve ma estremamente prolifica e profondamente innovativa per le numerose opere iconiche e per il modo in cui queste sono state prodotte, avvalendosi di una bottega altamente strutturata e composta da numerosi professionisti di altissimo livello e varie discipline che il maestro dirigeva e a cui affidava buona parte del suo lavoro. La "maniera" di Raffaello fu di vitale importanza per lo sviluppo del linguaggio artistico dei secoli a venire, sia per emulazione da parte dei suoi collaboratori che ne portarono avanti il linguaggio per decenni in tutta Europa raccolti nella scuola del manierismo, sia per contrasto attraverso il rifiuto dell'opera raffaellesca iniziato da Caravaggio. A tutto questo si aggiunge il pionieristico lavoro di studio e recupero delle vestigia dell'arte romana, impostato su rigorosi criteri scientifici, che lo rendono fra i padri dell'archeologia e della tutela dei beni culturali.
Lot # 866 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – REGIA MARINA – BERSAGLIERE. Medaglia, con appiccagnolo ed anello, per ricordare la Regia Nave Bersagliere. Al dritto un gruppo di bersaglieri all’attacco verso s., intorno BERSAGLIERI E BERSAGLIERE, in esergo SEMPRE VNITI DA COMUNI IDEALI. Al rovescio la Regia Nave Bersagliere in navigazione verso s. sopra PRO PATRIA ET REGE. Realizzata in bronzo (AE). (Ø 25.8mm, 8.8g.). Conservazione BB. Il Bersagliere è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina. Il 7 gennaio 1943 si trovava ormeggiato al molo sud del porto di Palermo, quando, a partire dalle 16.25, tale città fu oggetto dell'attacco di dieci bombardieri della Ninth Air Force, con obiettivo il porto. Cinque minuti dopo l'inizio dell'attacco il Bersagliere fu colpito da due bombe, sbandò quasi subito sulla dritta, poi, rapidamente, si abbatté su tale fianco affondando nelle acque del porto. Alcuni uomini rimasero intrappolati all'interno dello scafo, affondato in pochi metri d'acqua, ma non fu possibile salvarli: non poterono che dare un ultimo saluto da dietro gli oblò. Nell'affondamento del Bersagliere persero in tutto la vita 59 membri del suo equipaggio compreso il comandante della nave, il capitano di fregata Anselmo Lazzarini (nato a Macerata il 26 marzo 1901). Il cacciatorpediniere aveva sino ad allora effettuato 146 missioni di guerra, percorrendo 53.700 miglia. In memoria delle vittime dell'affondamento, il molo sud del porto di Palermo venne ribattezzato «Molo C.T. Bersagliere».
Lot # 870 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA- VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – VENTENNIO FASCISTA (1922-1943) – COLONIALE – X BATTAGLIONE ARABO SOMALO – RARISSIMA (RRR). Medaglia coloniale, portativa con appiccagnolo ed anello, emessa per ricordare il decimo battaglione arabo-somalo. Al dritto Ascari a s. che regge un vessillo centralmente, in smalti policromi e scritta X, intorno GOVERNATORATO DEI GALLA E DEI SIDAMA. Al rovescio scudo etiope con lance e paesaggio africano centralmente X BATTAGLIONE ARABO SOMALO. Realizzata in bronzo (AE) e smalti policromi (Ø 30.2mm, 10.5g.). Riferimenti Zorzetto 167. SPL. Nel 1934, in vista dell'invasione dell'Etiopia, il RCTC della Somalia italiana fu riorganizzato e rafforzato, mobilitando 12 battaglioni arabo-somali e 6 gruppi bande dubat; esso costituì un Corpo indigeni somali, al comando del generale Luigi Frusci, inserito nel comando delle forze armate della Somalia italiana del generale Rodolfo Graziani insieme al Settore "Somalia Occidentale" del generale Carlo Geloso, con compiti di presidio. Ascari somali inquadrati nell'artiglieria italiana nel 1936 durante la guerra d'Etiopia. Sul fronte sud della guerra d'Etiopia, mentre Badoglio era impegnato nella prima battaglia del Tembien, le truppe di Ras Destà mossero verso Dolo per attaccare l'armata di Rodolfo Graziani. A Graziani era stato ordinato di mantenere una difesa attiva al fine di mantenere impegnato nel sud il maggior numero di truppe nemiche e di non passare all'offensiva. Prontamente informato del movimento delle truppe di Ras Destà, lo attese pronto allo scontro. Il 20 gennaio 1936 Graziani occupò la città di Neghelli. Dopo la vittoria su ras Destà, contro Graziani furono schierate le truppe abissine al comando di Wehib Pascià, un generale turco al servizio dell'imperatore etiopico. Wehib cercò di attirare Graziani in una trappola facendolo spingere il più possibile nel deserto dell'Ogaden. Ma nello svolgere tale operazione i reparti italiani ed il Corpo indigeni somali inflissero gravissime perdite agli abissini da far fallire l'operazione e da mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza dell'armata abissina. In aprile le truppe italo-somale di Graziani poterono così occupare Harar, Dagahbùr e Dire Daua. Le operazioni della guerra d'Etiopia furono le ultime del RCTC della Somalia italiana in quanto tale, poiché dopo la proclamazione dell'Impero fu fuso con quello dell'Eritrea nelle Forze armate dell'Africa Orientale Italiana.
Lot # 871 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – CROCE CAVALIERE ORDINE CORONA D’ITALIA + MIGNON. Croce da Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia (37x41+16x17mm, 9.4+1.6g.) e mignon con scatolina d’epoca. Realizzata in filamenti in bagno d’oro e smalti policromi. Conservazione SPL, la scatolina è leggermente sconnessa. Nastri originali d’epoca. La croce dell'Ordine era composta da una croce smussata in smalto bianco, i cui bracci erano uniti da nodi sabaudi d'oro. La decorazione, al centro, portava un tondo raffigurante la Corona Ferrea su campo blu. Sul retro, nello stesso tondo, era raffigurata l'aquila sabauda di nero su fondo oro. Aveva una dimensione di 35 mm per Cavalieri e Ufficiali e di 50 mm per Commendatori, Grandi Ufficiali e Gran Cordoni. Il nastro dell'ordine era rosso con una striscia bianca centrale della larghezza «di due ottavi della larghezza del nastro». I cavalieri portavano la croce dell'Ordine appesa all'occhiello; per gli ufficiali si aggiungeva una rosetta al nastro (come in questo caso). L'Ordine della Corona d'Italia era un'onorificenza del Regno d'Italia. Prima onorificenza a carattere "nazionale" del neonato regno italiano, venne istituita nel 1868 da re Vittorio Emanuele II. Istituito dal re Vittorio Emanuele II il 20 febbraio 1868, in occasione delle nozze del figlio Umberto con la principessa Margherita, per consacrare la quasi consolidata unità d'Italia, grazie all'annessione dei territori veneti, l'ordine si presentava come una variante meno elitaria dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, dal momento che poteva essere conferito sia a civili sia a militari, senza distinzione di religione. L'Ordine però si distingueva da tutti i precedenti creati da Casa Savoia in quanto era il primo ad avere un carattere nazionale, legato indissolubilmente al Regno d'Italia. Il decreto del 1868 stabiliva le classi dell'ordine e il loro limite di numero (art. 4): 60 Gran Cordoni, 150 Grandi Ufficiali, 500 Commendatori e 2 000 Uffiziali (il numero dei Cavalieri rimase indeterminato). Umberto I nel 1885 stabilì un limite nel numero annuo di nomine (12 Cavalieri di Gran Croce, 30 Grandi Ufficiali, 100 Commendatori, 200 Ufficiali e 1 200 Cavalieri) al fine di porre anche l'Ordine della corona d'Italia sul medesimo piano del ben più antico Ordine mauriziano («le due istituzioni cavalleresche si rendano pel ristretto numero e per la qualità dei decorati sempre più degne della fama che meritano per la loro origine»). Da tali limiti erano escluse le nomine motu proprio del sovrano, le nomine a personalità estere e le nomine per funzionari a riposo. I limiti annui furono modificati nel 1890: 12 Cavalieri di Gran Croce, 40 Grandi Ufficiali, 150 Commendatori, 300 Ufficiali e 1 600 Cavalieri.  Un decreto ministeriale della Presidenza del Consiglio dei Ministri stabilì la ripartizione delle nomine tra i ministeri per l'anno 1892: Con decreto del 1911 furono posti nuovi limiti (periodo di due o tre per la nomina a un grado superiore) e l'Ordine della Corona d'Italia divenne propedeutico per l'ammissione nell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Tale riforma a ogni modo fu mal vista soprattutto in certi ambienti aristocratici in quanto sovente l'Ordine della corona d'Italia era assegnato alla borghesia emergente proprio perché variante meno elitaria dell'Ordine mauriziano. Nell'Ordine delle precedenze a Corte e nelle funzioni pubbliche, stabilito tramite decreti, i decorati della Corona d'Italia seguivano puntualmente i parigrado sia dell'Ordine militare di Savoia sia dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Con il decreto del 1911 si garantiva dunque che per essere insigniti dell'Ordine mauriziano fosse necessario essere stati o venire insigniti almeno dello stesso grado dell'Ordine della Corona d'Italia da almeno un anno (art. 4). Da questa regola statutaria erano escluse le nomine motu proprio del Sovrano, come quelle dei principi di sangue o come quelle dei parenti stretti di casa Savoia. Alla cessazione della monarchia, il re Umberto II ha continuato a conferire l'Ordine della Corona d'Italia fino alla morte, avvenuta il 18 marzo 1983. Data la richiesta degli aderenti, anche nel regime repubblicano, coloro che fossero stati insigniti di questa onorificenza poterono continuare a fregiarsene in pubblico con l'accortezza però di sostituire nelle barrette da divisa le corone reali con altrettante stellette a cinque punte. Questo status quo delle cose rimase sino al 1951 quando l'Ordine venne definitivamente sostituito con l'Ordine al merito della Repubblica Italiana. Con la morte di Umberto II, questo ordine cessò ufficialmente di esistere e venne formalmente sostituito dall'Ordine al Merito di Savoia, fondato da suo figlio Vittorio Emanuele come ordine dinastico e non più legato quindi alla corona d'Italia.
Lot # 879 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA - VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – BRIGATA ROMA – GUERRA ITALO TURCA – WW1- RARA. Medaglia, portativa con cambretta, emessa per gli eventi bellici a cui ha partecipato durante sia la Guerra Italo-turca che il Primo conflitto mondiale dalla Brigata Roma. Al dritto la statua della lupa che allatta i gemelli verso s. su una colonna su cui è scritto S.P.Q.R., sullo sfondo monumenti romani il tutto in una corona di foglie in basso targa su cui è scritto BRIGATA ROMA. Al rovescio scritta su più righe 1912 DUE PALME 1915 VALLARSA M. MAGGIO 1916 M. MAIO PASUBIO 1917 BAINSIZZA TAGLIAMENTO 1918 GIUDICAIRE PIAVE GRAPPA in basso su targa scritta IN NOMINE VIS il tutto in corona di foglie. Realizzata in bronzo (AE) (Ø 31.4mm, 18.4g.). Conservazione SPL. Nastrino probabilmente conforme ma non d’epoca. Non censita nei repertori da noi consultati. Rara (R). Lo scontro passato alla storia come battaglia dell’Oasi delle Due Palme, fu organizzato dai nostri comandi che cercavano di arginare gli attacchi che le forze arabo-turche, portarono ripetutamente da Benina, nei mesi di novembre e dicembre 1911 contro la linea fortificata italiana di Bengasi e contro reparti in ricognizione, attacchi rinnovati nel marzo del 1912. Le forze nemiche che si mantenevano in forze nei dintorno dell’Oasi delle Due Palme, chiamata localmente anche Suani ‘Abd el-Rani in quel mese di marzo del secondo anno di guerra, oltre agli assalti condotti contro le opere difensive in fase costruttiva ed in particolare contro la ridotta del Foyat, agivano anche per interrompere le comunicazioni telefoniche e telegrafiche tra la ridotta Grande e quella del Foyat. In conseguenza di tutto questo, il comando di Bengasi, nella notte tra l’11 e il 12 marzo, decise di disporre una compagnia del 57º fanteria in servizio di appostamento al margine est del Foyat per sorprendere gli assalitori. Verso le 5:00 del mattino, si sviluppò un primo attacco arabo-turco accompagnato da salve di artiglieria contro la ridotta del Foyat cui fu risposto con il fuoco delle artiglierie e dei reparti di presidio. Alle 9:00, il generale Ottavio Briccola ordinò al generale Giovanni Ameglio di contrattaccare e questi destinò all’operazione 7 battaglioni organizzati su due reggimenti, appartenenti alla IV Brigata (due battaglioni del 4º ed uno del 63º) ed alla VII Brigata (due battaglioni del 57° ed uno del 79º), un gruppo di artiglieria da campagna, uno da montagna ed il reggimento cavalleggeri (due squadroni dei Cavalleggeri di Lucca e due dei Cavalleggeri di Piacenza), alle truppe già schierate si aggiunse anche uno squadrone indigeno di savari. Il settimo battaglione (III/57°) fu assegnato alla riserva generale. Iniziato il tiro delle artiglierie il generale Ameglio decise di procedere contro le forze arabo-turche che stavano avanzando da nord e da sud per chiudere tutte le possibili vie di fuga. Sviluppato il combattimento intervennero, oltre ai reparti delle colonne d’assalto, anche altri contingenti del 79º fanteria e il battaglione del 57º posto a riserva. Le truppe turche, attaccate alla baionetta dai fanti del 4°, del 63°, del 57°, del 79º fanteria “Roma” e sotto il fuoco delle artiglierie, furono costrette alla ritirata dopo aver subito perdite ingentissime. Le perdite da parte italiana furono di 5 ufficiali morti e 12 feriti; 32 uomini di truppa morti e 130 feriti. Le perdite avversarie furono stimate in circa un migliaio di cui 750 morti contati sul campo. Il successo italiano, se valse a far desistere l’esercito turco e ai suoi alleati arabi l’idea di ulteriori azioni contro Bengasi, non fu risolutivo poiché nella battaglia non intervenne il grosso delle forze turche che continuarono quindi a minacciare la regione. Da quel lontano 1912, la data del 12 marzo è la festa del 79° reggimento di fanteria “Roma” reparto che prenderà parte pochi anni dopo alla Grande Guerra inquadrato nella Brigata Roma. Nel secondo conflitto mondiale, il reggimento inquadrato nella divisione “Pasubio”, verrà impegnato sul fronte russo dal luglio 1941 al gennaio 1943, subendo gravissime perdite nelle battaglie del Donetz, Don, Gorlowka, Nikitowka, Chazepetrowka, Tereschowo, Arbusow. Rimpatriati i superstiti nell’aprile 1943, cominciarono le operazioni di riordinamento con l’invio del reggimento in Campania, dove venne sorpreso dai tragici eventi dell’8 settembre e sciolto a causa dell’armistizio.
Lot # 885 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR VITTORIO EMANUELE III (1900-1945). Medaglia, portativa con appiccagnolo ed anello, commemorante Camillo Benso Conte di Cavour nel suo centenario il 10 agosto 1910. Al dritto busto di Cavour verso d. Al rovescio intorno festone di foglie chiuso in basso da un nastro, in alto stemma coronato dei Savoia, a s. stemma di Torino a d. stemma di Roma, al centro su più righe A CAMILLO CAVOUR CONTRO L’EUROPA DEL 1815 PREPARATORE DI VITTORIE PER IL NUOVO DIRITTO DELL’ITALIA IN ROMA NEL CENTENARIO DELLA NASCITA TORINO X AGOSTO MCMX. Opus Johson e Giannino Castiglioni e Angelo Cappuccio. La medaglia realizzata in bronzo dorato (AE) (Ø28mm, 11.6g.). Conservazione BB/SPL. Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella, noto semplicemente come conte di Cavour o Cavour (Torino, 10 agosto 1810 – Torino, 6 giugno 1861), è stato un politico, patriota e imprenditore italiano. Fu ministro del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852, presidente del Consiglio dei ministri dal 1852 al 1859 e dal 1860 al 1861. Nello stesso 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia, divenne il primo presidente del Consiglio dei Ministri del nuovo Stato e morì ricoprendo tale carica. Fu protagonista del Risorgimento come sostenitore delle idee liberali, del progresso civile ed economico, della separazione tra Stato e Chiesa, dei movimenti nazionali e dell'espansionismo del Regno di Sardegna ai danni dell'Austria e degli stati italiani preunitari. In economia promosse il libero scambio, i grandi investimenti industriali (soprattutto in campo ferroviario) e la cooperazione fra pubblico e privato. In politica sostenne la promulgazione e la difesa dello Statuto Albertino. Capo della cosiddetta Destra storica, siglò un accordo ("Connubio") con la Sinistra, con la quale realizzò diverse riforme. Contrastò apertamente le idee repubblicane di Giuseppe Mazzini e spesso si trovò in urto con Giuseppe Garibaldi, della cui azione temeva il potenziale rivoluzionario. In politica estera coltivò con abilità l'alleanza con la Francia, grazie alla quale, con la seconda guerra di indipendenza, ottenne l'espansione territoriale del Regno di Sardegna in Lombardia. Riuscì a gestire gli eventi politici (sommosse nel Granducato di Toscana, nei ducati di Modena e Parma e nel Regno delle Due Sicilie) che, assieme all'impresa dei Mille, portarono alla formazione del Regno d'Italia.