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Lot # 181 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE II (1861-1878) – LIBERAZIONE DI ROMA (1849-1870) – I CONFERIMENTO. Medaglia ai Benemeriti della Liberazione di Roma, istituita nel 1870 e conferita a coloro che presero parte alla Difesa dell'Urbe dal 1849 al 1870. La medaglia di bronzo fu attribuita a coloro che si adoperarono con atti di segnalato valore o di patriottismo per la liberazione della citta' dal 1849 al 1870 e ai militari del Regio Esercito che presero parte alle operazioni nell'Agro Romano (1870). La versione in argento al Generale Garibaldi e al Conte di Cavour (postuma), nonche' ai 24 superstiti del fatto di "Villa Glori" (1867). Un esemplare in oro a S.M. Vittorio Emanuele II e un altro "alla memoria" dei fratelli Enrico e Giovanni Cairoli.Sul davanti scudo della citta' di Roma sovrapposto ad una corona di quercia e a due fasci repubblicani, sormontato dalla Lupa romana. In basso le iniziali "C.M." dell'incisore Carlo Moscetti. Al rovescio ancora una corona di quercia, questa volta a racchiudere la scritta "Roma, rivendicata ai suoi liberatori" sotto alla stella benaugurante d'Italia. Al piede la firma dello scultore C. Moscetti. La presenza della firma dell’incisore al rovescio la classifica nella versione del c.d. primo conferimento. Realizzata in Bronzo (AE) (Ø 31 mm, 17.1g.). Nastrino tricolore bianco rosso verde d’epoca, ma non d’ordinanza. Riferimenti pag. 315 del volume "Le Medaglie Italiane negli ultimi 200 Anni" (I° Parte) di Alessandro Brambilla. Conservazione MB/BB.
Lot # 200 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA - VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – GARIBALDI – 52° REGGIMENTO FANTERIA ALPI - NOMINATIVA. Medaglia con appiccagnolo dedicata nel 1936 a Garibaldi e al 52° Reggimento Fanteria Alpi. Al dritto testa verso d. dell’Eroe dei Due Mondi con fazzoletto al collo. Al rovescio scritta “OBBEDISCO” sopra emblema coronato della Fanteria con scritta 52, sotto cartella dedicatoria, SOTT. ALFONSO ACERBO 1933-1934. Il 52º Reggimento fanteria "Alpi" è stata un'unità militare del Regio Esercito Italiano e, successivamente dell'Esercito Italiano con la denominazione di 52º Reggimento fanteria d'arresto "Alpi" e poi di 52º Battaglione fanteria d'arresto "Alpi". Il 52º reggimento fanteria "Alpi" discende dai tre reggimenti di volontari, formati nella primavera del 1859, in previsione della guerra contro l'Austria, nei depositi di Cuneo il 20 febbraio, di Acqui il 17 marzo e di Savigliano il 20 marzo. In attuazione del decreto 17 marzo che prevedeva la costituzione del Corpo Cacciatori delle Alpi si iniziò a formare il 1º Reggimento al quale venne affiancato, il successivo 7 aprile, il 2º Reggimento. Il 17 aprile con il personale affluito ad Acqui prese vita anche il Corpo Cacciatori degli Appennini che a pochi giorni dalla formazione passò alle dipendenze del Ministero della Guerra. Formatosi il 4 maggio un nuovo reggimento, il Corpo Cacciatori delle Alpi, composto dai tre reggimenti (1º, 2º e 3º), da una compagnia guide a cavallo ed una compagnia bersaglieri, viene posto al comando di Giuseppe Garibaldi nominato Maggior Generale dell'Armata Sarda, nei cui ranghi il Corpo, costituitosi a livello di brigata, entrò a far parte, prendendo parte alla seconda guerra di indipendenza Allo scoppio delle ostilità, varcato il Ticino nei pressi di Sesto Calende, la brigata iniziò la sua travolgente avanzata, battendo gli Austriaci a Varese e a San Fermo, liberando in rapida successione Varese, Como, Bergamo e Brescia, terminando la campagna allo Stelvio. Con Regio decreto del 14 maggio 1860 la Brigata fu incorporata nell'Armata Sarda con la denominazione di "ALPI" ed ordinata su due Reggimenti, il 51º e il 52º. Con lo scioglimento nel 1871 delle brigate permanenti, i due Reggimenti vennero denominati rispettivamente 51º e 52º Reggimento Fanteria (Alpi). Nel 1881 essi furono nuovamente riuniti nella Brigata "Alpi" (51º e 52º Reggimento Fanteria). Fra il 1895 e il 1896 il 52º Reggimento Fanteria, per la guerra italo-abissina, concorse alla formazione dei Battaglioni di Cacciatori d'Africa, battendosi eroicamente ad Adua il 1º marzo 1896. Successivamente il reggimento venne mobilitato per la guerra italo-turca, a Tripoli, il 10 novembre 1911, che avrebbe portato nel 1912 alla conquista della Libia. Per il suo comportamento durante il conflitto alla bandiera del reggimento venne conferita la Medaglia d'oro al valor militare. Il reggimento che aveva sede a Spoleto, nel corso della prima guerra mondiale inquadrato nella Brigata "Alpi" ha preso parte alla Dodicesima battaglia dell'Isonzo ripiegando poi sul fronte del Piave, dopo essersi distinto alla Marmolada, al Passo Fedaia, al Sasso di Mezzodì, al Col di Lana, al Ponte di Vidor, sul Grappa. Nel 1918 il reggimento segue in Francia la Brigata "Alpi", che, al comando del colonnello brigadiere Peppino Garibaldi, venne inviata sul fronte occidentale a combattere col II Corpo d'armata italiano in Francia del generale Albricci; al comando del I° Battaglione del reggimento, dal dicembre 1917 all'ottobre 1918, il maggiore Ricciotti Garibaldi,[4] mentre l'ultimo comandante del III° Battaglione nel corso della campagna in Francia è stato il tenente colonnello Ubaldo Soddu  che ha sostituito il maggiore Giuseppe Mariotti, caduto sul campo il 15 luglio 1918. In Francia il reggimento ha combattuto a Bligny, Bois de Courton, sul fiume Aisne, Sissonne, Vauxerre, Chemin des Dames, Rozoy-sur-Serre. Al reggimento vennero conferite la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia e due medaglie d'argento al Valor Militare, la prima per il combattimento sul Col di Lana, la seconda per la campagna di Francia. Trasferita la sede del comando a Terni nel 1939 persa la connotazione di reggimento di formazione, nel 1940 il Reggimento riprende la denominazione di 52º Reggimento fanteria "Alpi" e viene inquadrato nella 22ª Divisione fanteria "Cacciatori delle Alpi" insieme al 51º Reggimento fanteria "Alpi" e al 1º Reggimento artiglieria per divisioni di fanteria. Il 10 giugno 1940, giorno dell'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, il Reggimento aveva la seguente configurazione organica: comando e compagnia comando, tre battaglioni fucilieri, compagnia mortai da 81, batteria armi di accompagnamento da 65/17 e risultava schierato sul fronte alpino occidentale. Dopo l'armistizio con la Francia, il reggimento nel 1941 venne rischierato sul fronte greco-albanese e dopo aver concluso la campagna di Grecia il Reggimento venne impiegato in operazioni di polizia in Jugoslavia dove ha operato nel 1942/43 con compiti di presidio e controguerriglia, fino allo scioglimento avvenuto l'8 settembre 1943, nella zona di Lubiana, a seguito degli eventi che determinarono l'armistizio. Realizzata in metallo argentato (MA) (Ø 25.8mm, 7.8g.). Conservazione SPL.
Lot # 215 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – SOCIETA’ DANTE ALIGHIERI. Medaglietta tipo ciondolo della società Dante Alighieri. A dritto il volto del Sommo Poeta laureato verso s. con fascio littorio a d. sotto S.N. DANTE ALIGHIERI in alto GIORNATA DEGLI ITALIANI NEL MONDO. Realizzata in metallo argentato (28x21mm, 3,7 g.). Conservazione BB. La Società Dante Alighieri è un'istituzione culturale italiana che ha lo scopo di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo. Fa parte degli Istituti di cultura nazionali dell'Unione europea (EUNIC). Ideata e proposta a Macerata nel 1888 dall'irredentista triestino Giacomo Venezian, allora docente di diritto in quell'università e poi volontario nella prima guerra mondiale caduto sul Carso, fu fondata nel 1889 da un gruppo d'intellettuali guidati da Giosuè Carducci, che diramarono un «Manifesto agli italiani». Venne eretta in fondazione con Regio Decreto del 18 luglio 1893, n. 347; e con d.l. n. 186 del 27 luglio 2004 è assimilata, per struttura e finalità, alle ONLUS. La storia della Società è intimamente legata all'identità italiana e allo spirito nazionalistico del periodo postrisorgimentale. Nella prima guerra mondiale la Dante si schierò attivamente a favore dell'intervento e si portò nel Ventennio sulle posizioni politico-culturali del fascismo, collaborando strettamente con gli Istituti Fascisti di Cultura. Solo nel dopoguerra la Dante si scrollò di dosso queste eredità e si riavvicinò alla promozione del patrimonio culturale italiano in Italia e nel mondo. Nel 1921 la Società fu promotrice dell'emissione di una serie di francobolli commemorativi del VI Centenario della Morte di Dante Alighieri. Il suo scopo primario, come recita l'articolo 1 dello Statuto sociale, è quello di "tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all'estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l'amore e il culto per la civiltà italiana". Per il conseguimento di queste finalità, la Dante Alighieri si affida a quasi 500 comitati, di cui 400 attivi all'estero. I comitati realizzano corsi di lingua italiana e manifestazioni culturali di vario genere, dall'arte figurativa alla musica, dallo sport al cinema, dal teatro alla moda, fino alla letteratura. Per mezzo dei Comitati all'estero, inoltre, la "Dante Alighieri" istituisce scuole, biblioteche, diffonde libri e pubblicazioni, promuove conferenze, escursioni culturali e manifestazioni artistiche e musicali, assegna premi e borse di studio. La sede centrale è a Roma, in Palazzo Firenze.
Lot # 216 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – VENTENNIO FASCISTA – GUF- FIRENZE. Medaglia con appiccagnolo ed anello, Al dritto uomo in nudità eroica che guarda a d. e abbraccia un fascio littorio. Al rovescio in alto simbolo dei G.U.F. (Gruppi Universitari Fascisti) intorno motto NON FRANGAR NON FLECTAR (NON MI SPEZZO NON MI PIEGO) al centro FIRENZE A. VII (19291930) Realizzata in bronzo (AE) (Ø 26mm, 6.9 g). Conservazione BB. I Gruppi Universitari Fascisti (GUF) furono l'articolazione universitaria del Partito Nazionale Fascista. Già dal 1919 studenti universitari cominciarono ad aderire al neonato movimento dei Fasci italiani di combattimento, formando in numerose città Squadre d'azione formate da goliardi. Nel 1920 nacquero ufficialmente i Gruppi Universitari Fascisti, che raccoglievano tutti gli universitari che si riconoscevano prima nel programma sansepolcrista e poi nel Partito Nazionale Fascista. Nel 1927, dopo la totalitarizzazione dello Stato, si ebbe una ristrutturazione dei gruppi. Il Partito si dedicherà così con attenzione alla loro organizzazione ed all'educazione di questa gioventù che, secondo Benito Mussolini, dovrà rappresentare "la futura classe dirigente" d'Italia. Facevano parte dei GUF, gruppi ad iscrizione su base esclusivamente volontaria, i giovani tra i 18 ed i 21 anni che provenivano dalla Gioventù Italiana del Littorio (GIL) iscritti ad una Università, ad un Istituto Superiore, ad un'Accademia Militare o all'Accademia Fascista della GIL I Gruppi Universitari Fascisti erano cooptati in nuclei di almeno 25 fascisti universitari, costituiti in ogni città, sotto il comando di un responsabile nominato dal Segretario Federale, su proposta del Segretario del GUF. I responsabili di ogni nucleo facevano parte dei rispettivi Direttori dei Fasci di Combattimento locali. Ogni GUF aveva sezioni di laureati e diplomati, una Sezione Studenti Stranieri (dove ve ne fossero stati) ed una Sezione femminile, di cui facevano parte le studentesse universitarie, le laureate e le diplomate fino ai 28 anni.
Lot # 218 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA - VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – VENTENNIO FASCISTA (1922-1945) – COLONIALE – I DIVISIONE CC.NN. IMPLACABILE - MVSN. Medaglia con appiccagnolo. Al dritto in alto a d. 23 MARZO 1919 su fasci verticali con lama a d. COMBATTERE OBBEDIRE DIFENDERE in basso tra stendardi e gladi I DIV CC.NN. Al rovescio sormontata da aquila romana ad ali spiegate e su nodo Savoia tra rami di alloro e quercia fermati in basso da targhetta IMPLACABILE. Realizzata in Bronzo dorato (AE) (Ø 30mm, 15.6g.). Nastrino d’epoca. Conservazione BB. L'addestramento della divisione viene effettuato nella zona di Sora dove la "23 Marzo" si concentra tra il 30 aprile ed il 1° maggio e si sviluppa tra S. Giorgio, La Selva, Cioppiglio, Carnello, Isola Liri. Il campo rende ai legionari la vita dura e continua ininterrotto per tre mesi. Seguono le manovre ed il campo mobile nella zona di Isernia, con una disciplina sempre più rigida per trasformare i volontari in perfetti soldati. In giugno la Divisione viene passata in rivista da S.M. il Re lungo il rettilineo che congiunge Sora ad Isola Liri.  Dopo questo intenso periodo di addestramento, fra il 18 ed il 24 agosto la Divisione si imbarca a Napoli e dal 28 agosto i primi reparti della Divisione "23 Marzo" sbarcano a Massaua; tre giorni dopo arriva il Comando di divisione e successivamente, fino al 5 settembre si completa l'arrivo del resto della divisione con gli altri scaglioni. Il 3 ottobre 1935, la I Divisione CC.NN. varca il fiume Belesa con le sue tre legioni, che vanno ad occupare alcune alture al di là del fiume. Successivamente, la Divisione, attraversata la regione di Endicciò, rimane a presidiare tutto questo settore, provvedendo alla fortificazione sia della zona di sicurezza che della linea di resistenza, nonché alla costruzione di opere stradali. Fra queste la camionabile che, attraverso la sella ad est dell'Amba Adi Caraes, superando un dislivello di 250 metri, mette in comunicazione la piana di Enda Mariam con quella di Adi Tzalcà, proseguendo lungo la valle del Mai Feres. Il 20 novembre, il generale Bastico, promosso Comandante di corpo d'Armata, lascia il comando della "23 Marzo" che viene assunto da S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia Duca di Pistoia. Il 27 novembre la Divisione inizia lo spostamento verso Hausien da dove il 6 dicembre si trasferisce nella zona di Macallé, passando alle dipendenze del III Corpo d'Armata (Gen. Bastico), recentemente costituito, insieme alla Divisione "Sila". Qui viene ripreso il lavoro di sistemazione stradale, intensificandolo in previsione delle prossime operazioni di guerra. La sera del 18 gennaio, mentre la "Sila" si concentra presso l'abitato di Macallè, la "23 Marzo" si snoda nella piana del Calaminò poco oltre il guado del torrente. Questa manovra aveva come scopo quello di impedire al nemico di attaccare attraverso il Tembien per tagliare le comunicazioni alla nostra massa maggiore sul fronte di Macallè. Il 19 iniziano i primi movimenti verso gli obiettivi, a destra dello schieramento la 192a Legione occupa Debrì, a sinistra la 135a Legione occupa Adi Hotzà e q. 2.257, al centro la 202a Legione si sposta verso la confluenza Gebat-Calaminò. "All'alba del 20 gennaio, il nemico che ha approfittato della notte per serrare sulle posizioni italiane, lancia un terribile attacco contro la linea della 202a Legione. L'assalto è impressionante e selvaggio: malgrado l'efficace fuoco delle nostre mitragliatrici, favorito dal terreno, il nemico riesce ad arrivare su qualche arma trucidandovi i serventi che lottano fino alla morte. Il combattimento continua per l'intera giornata, ma le CC.NN. reggono valorosamente e alla fine gli abissini sono ricacciati, ma si annidano nelle numerose caverne al riparo del nostro fuoco". Il 21 gennaio 1936, il CXCII Battaglione, appoggiato dalla 135a Batteria da 65/17, esce dalle sue posizioni e scende nella valle del Gabat, attaccando il nemico per costringerlo ad uscire dai suoi ripari e per spazzare le postazioni antistanti le linee occupate dalla 135a e dalla 202a Legione. L'attacco, che viene condotto allo scoperto sotto il tiro dell'avversario, causa numerose perdite ma l'azione non viene interrotta. Nel combattimento viene gettata come rinforzo una compagnia del CXXXV Battaglione, appoggiata dal fuoco di tutte le mitragliatrici pesanti, e nelle prime ore del pomeriggio intervengono anche reparti della 202a Legione, che alla baionetta annientano le ultime resistenze. A metà pomeriggio gli obiettivi sono completamente raggiunti e il nemico viene messo in fuga dopo aver riportato perdite considerevoli. L'offensiva dell'Endertà trova la Divisione inquadrata nel III Corpo d'Armata. La mattina del 15 febbraio, le Camicie Nere della I Divisione sono pronte ad attaccare le pendici dell'Amba Aradam, che viene nel frattempo aggirata a destra dalla divisione di fanteria "Sila" e a sinistra dal I Corpo d'Armata. Il 14 febbraio intanto, la 135a e la 192a Legione hanno sostituito sulla linea del fronte le posizioni occupate nei giorni precedenti dalla divisione di fanteria "Sila". La 202a Legione si è spostata nel pomeriggio dello stesso giorno a sud del guado sul Gabat. Alle prime ore del 15 febbraio, la 202a Legione si sposta sulla dorsale dell'Amba Aradam. A metà mattinata, il CXXXV Battaglione effettua un primo tentativo di assalto per saggiare le difese nemiche. Infine nel primo pomeriggio, il 188° Battaglione sul fianco sinistro ed il 135° Battaglione sul fianco destro del fronte, con azione avvolgente, attaccano con decisione gli abissini. Alla fine del pomeriggio, la bandiera italiana insieme al gagliardetto nero della Divisione vengono piantati sulla vetta più alta dell'Amba Aradam (2.755 m.) dal CLXXXVII Battaglione. Ripresa l'avanzata, la Divisione riceve l'ordine di avanzare verso sud. Raggiunge così il Ghevat, che oltrepassa risalendo verso nord per Dibuch e la regione Andinò onde sbarrare ogni possibile via di ritirata alle truppe di Ras Cassa e Ras Sejum, a loro volta fronteggiate a nord dal Corpo d'Armata Indigeno, dalla Divisione CC.NN "28 Ottobre" e dal I Gruppo Battaglioni CC.NN. D'Eritrea. Sempre alle dipendenze del III C.d'A., costituito adesso dalle Divisioni "23 Marzo" e 1a Eritrea, la Divisione partecipa alla battaglia del 27 e 28 febbraio 1936. Raggiunto il fiume Ghevà, la "23 Marzo" punta verso Dibbuk (regione di Andinò) per chiudere la ritirata alle truppe del Ras Cassa e Sejum, attaccate a nord dal C.A. Eritreo (2a divisione eritrea e Divisione CC.NN. "28 Ottobre") avanzante verso Abbi Addi, con direttrice nord-sud e nord-sud-ovest. Passato il Ghevà a Dibbuk, la 192a Legione conquista, combattendo duramente, l'Amba Tzellerè e poi per la valle del Tonquà, si ricollega agli altri reparti della Divisione. Il risultato positivo della seconda battaglia del Tembien, fu dovuto appunto a questo coordinamento tattico offensivo con la Divisione "28 Ottobre" e il Corpo d'Armata Indigeno. Fra il 6 e il 12 marzo, il III C.d'A. con le Divisioni "23 Marzo" e la 1a Eritrea, reduce dalle operazioni del Tembien, dopo aver nuovamente cambiato fronte, si concentra nella zona di Samrè-Fenaroà contribuendo alla costruzione della pista. Prima ancora che questa fosse ultimata, una colonna viene distaccata per occupare Socotà, distante 80 km di mulattiera, attraverso una regione impervia, difficile e poco nota. Fu necessario impiantare una organizzazione dei rifornimenti con portatori. Quattromila uomini del corpo d'Armata su un percorso di 40 km, si assoggettarono per più giorni a questa dura fatica per assicurare alla colonna operante i mezzi di vita necessari al suo sostentamento. Il 28 marzo fu occupata Socotà. Complessivamente nella campagna d'Etiopia, i caduti della Divisione "23 Marzo" furono 108.
Lot # 221 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA - VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – VENTENNIO FASCISTA (1922-1945) – MILIZIA ARTIGLIERIA CONTRAEREI. Medaglia con attacco a cambretta. Al dritto arco teso verso l’alto e scritta MILIZIA ARTIGLIERIA CONTRAEREI. Al rovescio apparecchiature di intercettazione con coni in basso scritta LARES ET ORAS IN HORA TVEBIMVR a d. DE MARCHIS. Realizzata in bronzo (AE) (Ø 30mm, 13.9g.). Opus Mario De Marchis. Conservazione BB. Questa specialità nasce il 16 aprile 1927 con il nome di Milizia artiglieria contraerei; dal 1930 denominata Milizia per la difesa antiaerea territoriale, (M.Di.C.A.T.). La difesa antiaerea fu affidata, fin dal tempo di pace, alla Milizia per la difesa controaerea territoriale (M.D.C.A.T.). Questa specialità della Milizia era costituita su 22 Legioni che si dividevano il territorio dello Stato secondo l'importanza delle città e degli obiettivi militari da difendere contro l'offesa degli attacchi aerei nemici. Ogni legione. armava un dato numero di batterie. Gli uomini che militavano nella Milizia Artiglieria Controaerea, vestivano la normale divisa delle CC.NN. ed erano distinti dagli altri da un particolare fregio del copricapo ed avevano le fiamme nere al bavero filettate dal colore giallo arancio tradizionale dell'arma di artiglieria. Gli ufficiali provenivano dalle categorie in congedo dell'arma di artiglieria dell'Esercito, non soggetti ad essere mobilitati con l'Esercito in caso di guerra. La truppa era costituita da uomini volontari, non aventi obblighi militari, da giovanissimi non ancora di leva, da mutilati di guerra, da maturi padri di famiglia reduci dalla guerra 1915/1918, da ciechi raffinati nell'udito destinati all'ascolto degli aerofoni. Tutto il personale era da anni sottoposto ad un severo particolare addestramento al tiro controaereo. La Milizia Artiglieria Controaerea, al 10 giugno 1940, inquadrava ben 85.000 uomini; per tutta la durata del conflitto, nei limiti delle sue possibilità,della disponibilità dei pezzi e del munizionamento, con abnegazione, disciplina e coraggio, sopportando serenamente duri sacrifici e subendo sanguinose perdite, difese accanitamente il territorio nazionale dalle indiscriminate incursioni aeree su obbiettívi militari e sulle popolazioni inermi delle nostre città, in perfetta collaborazione con le squadriglie dell'Arma Aeronautica destinate anch'esse alla difesa del territorio; ma purtroppo questo aiuto venne sempre più a mancare per le non rimpiazzabili perdite di apparecchi e di piloti. Per dare un'idea della disciplina e dell'attaccamento al dovere di queste anziane CC.NN., vogliamo citare il significativo episodio di una C.N. artigliere di Napoli: la C.N. Vincenzo Arzanese. Questo Legionario prestava servizio ìn una batteria della difesa della città; trovatosi ai pezzi durante un violentissimo attacco aereo su Napoli, venuto a conoscenza che una bomba era caduta sull'edificio in cui viveva la famiglia, chiese ed ottenne un permesso di dieci ore per correre in soccorso dei familiari. Sotto le macerie dell'edificio distrutto trovò, morti, i corpi della moglie e dei suoi tre figli. Nonostante tutto, allo scadere del permesso, ebbe la forza morale ed il coraggio di ripresentarsi puntualmente alla sua batteria per riprendere servizio e compiere, come sempre, il suo dovere. Nel 1935 essa disponeva di 14 Legioni e 10 Coorti autonome, dipendenti dall’Ispettorato generale M.Di.C.A.T. e da Cos. Nel 1939 la M.Di.C.A.T. venne riorganizzata in 5 comandi di gruppo di Legioni Di.C.A.T. comprendente 22 Legioni in Patria e 4 nelle colonie. Da questa data l’Ispettorato dal quale dipendeva la Di.C.A.T. assunse il nome di Comando Milizie Controaerei Artiglieria Marittima. Nel 1940,la M.Di.C.A.T. cambiò ancora una volta nome in M.A.C.A., (Milizia Artiglieria Contro Aerei).
Lot # 228 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – WW1 – 8° RGT ALPINI – BATTAGLIONE AVERNIS - RRR. Medaglia tipo ciondolo. Al dritto figura di alpino verso d. con vittoriola (nike) a d., sullo sfondo dirupo di una montagna in basso BATTAGLIONE M. AVERNIS. Al rovescio aquile in volo su delle vette in basso ET NUNC ET SEMPER. Realizzata in Argento/bronzo argentato (AG/AE) (30x18mm, 7,9 g.). Questa medaglia non è classificata nel Policchi, infatti il testo classifica la sola variante in bronzo, che è classificata molto rara (RR) cfr. Policchi AR08008. Conservazione BB/SPL (appiccagnolo divelto) Estremamente Rara (RRR) . Costituitosi a Gemona a fine 1915, il 2 aprile 1916, con le compagnie 152  e 153 (nappina bianca), giunge a Cavazzo Carnico. Dopo una sosta a Sutrio ed a Cercivento, prosegue per Timau, ove, due giorni dopo viene raggiunto dalla compagnia 109 cedutagli dal “Tolmezzo”. Il 21, destinato a far parte del gruppo alpini C (poi 3° gruppo), si porta a difesa delle posizioni della colletta e della q. 1170 di M. Pal Grande e del passo del Cavallo (settore But-Degano-26 divisione). Trascorre il mese di maggio nella val But senza prendere parte ad avvenimenti degni di nota. Il 20 maggio, la 109 scende a riposo a Sutrio, per poi presidiare le trincee dello Zellonkofel dall’otto al 24 giugno, giorno in cui si trasferisce a Cercivento. L’attività delle truppe è limitata alla sorveglianza delle posizioni ed a lavori stradali e di fortificazione. Il 25 giugno inizia il cambio dei reparti in linea e riunitosi a Cleulis, il 28 parte per Tolmezzo, da dove, in ferrovia, si dirige sull’altopiano dei Sette Comuni.Ad Osteria della Barricata passa, il 1° luglio, a far parte dell’8° gruppo, che, alla dipendenza del raggruppamento alpini del XX° corpo d’armata, ha impegnato le sue truppe nella nostra azione controffensiva. Nella notte sul 2 luglio, si porta in riserva sulle pendici di M. Lozze, inviando il giorno seguente due compagnie di rinforzo al “Val Tagliamento” sul fronte Malga Pozze-M. Campigoletti. Il 4 il gruppo riunisce i reparti nel bosco Mitterwald ed il 5 alle falde sud-est di Cima della Saette. Ricevuto ordine d’entrare in azione, costituisce due colonne : una principale (battaglione “Val d’Arroscia” e 153 compagnia) con obiettivo M. Cucco di Pozze, che nella notte sul 6’ si ammassa a Busa della Crea; una secondaria (109 e 152 compagnia) con obiettivo Busa del Ghiaccio, che prende posizione ad est di Busa dell’Orco. All’alba del 6, dopo il tiro delle nostre artiglierie, le compagnie iniziano l’avanzata che, però procede lenta a causa delle difficoltà del terreno e della reazione avversaria. Nel pomeriggio, la 109 compagnia conquista un elemento di trincea ed a sera i reparti sostano sulla linea raggiunta.Il giorno 8 l’azzione viene ripresa ed ardite pattuglie tentano d’aprire varchi nei reticolati nemici, che nonostante il fuoco delle nostre artiglierie, sono ancora intatti. All’alba del 9 viene sferrato un nuovo attacco: mentre la colonna secondaria svolge azione dimostrativa, la 153 riesce, unitamente a reparti del “Val d’Arroscia” , a penetrare nelle posizioni avversarie, ma un violento contrattacco obbliga i nostri a ripiegare. I reparti si riorganizzano ed il “Monte Arvenis”, lasciata la 153 compagnia, sempre alla dipendenza tattica del “Val d’Arroscia”, a Busa Fonda di Moline, col “Val Tagliamento” occupa le trincee della linea Busa dell’Orca-Busa della Crea, dove  nella sera del 10 e nella mattina dell’11, svolge un’azione dimostrativa a fuoco per concorrere a quella svolta da altre truppe in zona. Fino al 19, i battaglioni provvedono alla sistemazione difensiva della nuova linea ed al miglioramento delle comunicazioni. Il 20, la 153 si porta a q. 1912. Il 22 viene ripresa, dal raggruppamento, l’operazione tendente al possesso della linea Busa del Ghiaccio-q 2056 –M. Campigoletti- M. Ortigara, contro la quale devono operare il 4° e 8° gruppo alpini. Mentre la 153 ha il compito di proteggere il fianco sinistro delle truppe attaccanti, col “Val Tagliamento” e con le restanti compagnie del “Monte Arvenis”, viene costituita la colonna di sinistra con obiettivo Busa del Ghiaccio. Il combattimento dura il 23 e il 24 con numerose perdite. A sera l’azione viene sospesa ed il battaglione s’attesta sulla linea Busa dell’Orco. Il 1° agosto è destinato al 4° gruppo ed il 2 passa nelle trincee di M. Palo. Il 12, allo scopo di catturare prigionieri, la 152 esegue una puntata verso le posizioni di Buse Magre di Galmanara. Fugate le pattuglie avversarie incontrate nelle sua avanzata, viene, poi, arrestata da un profondo reticolato. Gli alpini tentano di raggiunge l’obiettivo a scaglioni successivi, ma il fuoco di numerose mitragliatrici, poste in cresta ai Granari di Bosco Secco, non consente di proseguire. Fino al 21 agosto continua a presidiare le trincee di M. Palo; il 22 si trasferisce a Malga Fossetta ed il 26 a Busa Fonda di Moline per lavori. Il 10 settembre raggiunge il proprio gruppo, precedentemente dislocatosi nel territorio del XVIII° corpo d’armata, accampandosi nei pressi di Gobbera. Al battaglione viene affidato il compito d’attaccare le posizioni nemiche di Busa Alta (q. 2512 e 2456). Il 2 ottobre con le compagnie 109 e 153 sostituisce il “Feltre” nelle trincee della sella tra il Gardinal e la Busa Alta, mentre la 152 sosta, col comando di battaglione, a Campo Coldose di Sopra. Nella notte sul 5, la 109 conquista la vetta del Gardinal a q. 2481, ampliando, in seguito, la sua occupazione di un centinaio di metri. Nelle prime ore del pomeriggio, diradatasi la nebbia, che non aveva permesso alle nostre artiglierie d’operare, la 152, rinforzata da due plotoni del “Val Tagliamento”, riesce dopo aver superato aspre difficoltà del terreno, a conquistare un cocuzzolo sottostante q. 2456, ove però è obbligata a sostare, causa reazione avversaria. Nella notte i reparti si rafforzano sulle posizioni raggiunte. Il mattino del 6, appoggiato dal “Val Tagliamento” riuscì , dopo durissima lotta ad impadronirsi di q. 2456 di Busa Alta. Cade fra gli altri il Sottotenente Ferruccio Talentino che merita la Medaglia d’Oro al valor Militare. Tentativi nemici di riconquistare la posizione s’infransero; soltanto nella notte sull’otto gli austriaci riuscirono a mettere piede sulla estrema destra della quota 2456. Il battaglione fu rinforzato da due compagnie del “Monte Matajur” e dalla 1 compagnia del LIX battaglione bersaglieri e, dopo azione delle nostre artiglierie, fu sferrato il contrattacco che ebbe il risultato di ridare agli alpini il pieno possesso della posizione. Nei giorni 10 e 11, i tentativi nemici vengono respinti. La sera del 12, la 152 si porta a Campo Caldose per riordino. L’azione per l’ampliamento della nostra occupazione del Gardinal e di Busa Alta viene ripresa, il 30 ottobre il “Monte Arvenis” inizia l’avanzata resa difficile dalle asperità del terreno e dalla resistenza avversaria; costretto ad arrestarsi nella selletta tra il Gardinal e Busa Alta; nella sul 31 , con successivo sbalzo, raggiunge i reticolati nemici, che, però risultano intatti. I tentativi per varcarli rimangono infruttuosi; le rocce coperte di ghiaccio arrestano ogni ulteriore movimento. All’alba gli alpini ripiegano sulle posizioni di partenza. Il 1° dicembre il 4° gruppo passa a far parte del III° raggruppamento alpini ed il 5, il battaglione, distaccata la 153 compagnia nei ricoveri di q. 1916, scende a Capriolo per riposo. Il 31 ritorna in prima linea nelle trincee di q. 2318 , della collinetta tra detta quota ed il Cauriol e del Gardinal (q. 1912-2454). Il 31 gennaio 1917 lascia le posizioni e scende a Zortea, dove impiega i reparti in lavori vari. Dopo due turni di trincea compiuti dal 1° marzo al 5 aprile nelle posizioni del Gardinal, e dal 25 aprile al 10 maggio in quelle della regione di Busa Alta, alternati con due periodi di riposo a Capriolo ed a Caoria, il 25 maggio torna in linea  (q. 1921-Sella Curletti –q. 2318- cima del Gardinal- sella Morpurgo) ove, fino a tutto il mese d’ottobre, le sue compagnie s’avvicendano nel servizio di trincea. L’attività dei reparti è limitata a sole azioni di pattuglia, mentre gli alpini provvedono a lavori di rafforzamento e stradali. In seguito all’offensiva austro-tedesca, la 4 armata emana le disposizioni per l’eventuale ripiegamento delle truppe. Il 31 ottobre il battaglione allarga la sua occupazione, sostituendo il “Cividale” nelle trincee di Busa Alta, provvedendo allo stesso tempo allo sgombero di materiali. Il 4 novembre ha inizio il movimento ed il battaglione si riunisce a Caoria; il giorno seguente prende posizione sulla linea Pralongo-Campo Fiamena-Cima e forcella di Valsorda. Nella notte sul 7 passa a disposizione del II° gruppo alpini, in riserva del III° raggruppamento, e si porta a Pian delle Borche, da dove distacca la 153 a Ponte della Serra,  a protezione degli impianti idroelettrici di Fonzaso e la 152, in rincalzo al “Val Tagliamento”, allo sbarramento del Cismon. Il 9, con le compagnie 109 e 152, per Fonzano, si dirige ad Osteria del Forcelletto, nella regione del Grappa, giungendovi il mattino del 10. Il giorno seguente, dopo breve sosta a Casone delle Mure, si porta nella regione del M. Tomatico, occupando, il 13 la linea M. Peurma-forcella Bassa e Alta –Cima Sassuma-M. Santo (4° gruppo). Il 14 il nemico, iniziato dapprima l’attacco con pattuglie, tenta in seguito di raggiungere la cresta di Cima Sassuma con numerose forze, ma viene respinto. Nella notte, un nuovo ordine avvia il battaglione a Cason del Sol ed il 16 a Casone Boccaor. Qui viene raggiunto dalla 153 compagnia, che, trincerandosi nell’appostamento di S. Antonio, dopo aver respinto il giorno 11 un attacco nemico, nella sera, distrutte le difese e l’impianto idroelettrico, aveva ripiegato con reparti del “gruppo Sirolli” su Fonzaso. Il 17, il battaglione si sposta nei pressi di Malga Camparonetto per lavori. Il 20 invia a M. Fontana Secca, in rinforzo al “Val Camonica”, la 109 compagnia, che attaccata il giorno successivo ripiega e rientra nella sera al battaglione. La 153, intanto si porta in linea a M. Medata ed il 23 la 152 prende posizione fra q. 1203 e q. 1212, fronte a valle Scura. Sostituito da reparti del 143° fanteria, il “Monte Arvenis”, il 25, riunitosi alla testata della predetta valle, passa a presidiare le trincee di M. Solarolo (q. 1601) – sella del Col dell’Agnelle- selletta di M. Valderoa. Ivi, dopo aver respinto un attacco nemico, l’11 dicembre, viene sottoposto ad un continuo bombardamento che gli procura gravi perdite. Il 15, cedute le posizioni ad un reparto del 45° fanteria, per Cason del Sol, accampa nel vallone nord-est di Casone Boccaor. Il 17 occupa le trincee di seconda linea da Col dell’Orso al fondo di val Calcino ed il 19 accantona a Paderno d’Asolo, rimanendovi sino alla fine dell’anno. Dopo essersi spostato il 1° gennaio 1918 tra C. Brocchi, Palazzo Storto e Contrada Spin, il giorno 8, per Paderno, si porta in regione Boccaor ed il giorno seguente sostituisce il I/24° fanteria nelle trincee di Stalla Col dell’Agnello, di q. 1601 (M. Solarolo) e del costone di q. 1672. Rilevato il 27 dal “Val Cismon”, accantona a Giolli, Case Cavasotto, C. Minatei, Lauro, C. Frattin e Spineda impiegando i reparti in lavori vari. Il 12 febbraio, per la conca di S: Liberale, s’avvicina alla prima linea, ritornando il giorno successivo a difesa delle posizioni di M. Solarolo (q. 1601) e Stalla Col dell’Agnello. Il 28 febbraio, cede nuovanebte le trincee al “Val Cismon” ed il 1° marzo accampa nei pressi di Spineda, per poi, il 6, seguendo il movimento del 4° gruppo che si trasferisce nel territorio della 1 armata, per Bassano, portarsi a Maglio. Dopo un periodo di riposo, il 19 aprile, assumendo il gruppo la difesa della linea Montagnola-Brustolè-Pasin-Raboleo, il battaglione sostituisce il II/142° fanteria nelle trincee della Montagnola, ove resta fino al 9 maggio, svolgendo attività di pattuglie. Dal 10 maggio al 13 luglio permane a Maglio ed il 14 rileva il XLIV° bersaglieri nei trinceramenti di Ronchi Alti, di C. della Forcella e di Grumelleti. Il 24 passa nelle posizioni della zona di M. Sogli Bianchi (sottosettore sinistra Posina). I reparti attendono alla sistemazione difensiva della linea, mentre pattuglie mantengono l’attività bellica del battaglione. Il 21 ottobre, sostituito dal II/218° fanteria, si porta a Maglio; il 23 da Thiene in ferrovia raggiunge Avio e per via ordinaria S. Valentino. Nella notte sul 26 accampa a Coni Zugna, Coni e Cima Levante, in riserva al gruppo, che ha assunto la difesa del settore Zugna (32 divisione). A seguito dell’avanzata delle nostre truppe  sul fronte del Grappa e del Piave, il gruppo riceve ordine d’attaccare le posizioni nemiche del fondo val d’Adige, sulla sinistra del fiume e di puntare poi su Rovereto e Trento. Il 2 novembre gli alpini s’ammassano a S. Margherita. Nelle prime ore del pomeriggio, il battaglione, diviso in due colonne, segue il movimento degli altri reparti del gruppo verso Marco e Rovereto, ove giunge alle 21 circa. Riunite le compagnie, prende subito posizione ad est dell’abitato a sbarramento delle valli dei torrenti Leno di Terragnolo e di Vallarsa, mentre altri battaglioni puntano Verso Volano e Calliano. Il giorno seguente, ceduta la difesa dello sbarramento al II/218°, prosegue e raggiunto Calliano, si schiera a cavallo della strada di Folgarida ed a difesa del ponte di Nomi, mentre le altre truppe avanzano verso Trento. A sera raggiunge questa località, al mattino del 4 riprende la marcia per Lavis e Mezzocorona, dove è fermato dall’annuncio dell’armistizio. Sciolto nel corso del 1919 . Perdite: Ufficiali morti 12, feriti 27, dispersi 3 Sottufficiali e truppa morti 216, feriti 857, dispersi 194.
Lot # 230 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945), CROCE DELL’ORDINE DELLA CORONA D’ITALIA. La croce dell'Ordine era composta da una croce smussata in smalto bianco, i cui bracci erano uniti da nodi sabaudi d'oro. La decorazione, al centro, portava un tondo raffigurante la Corona Ferrea su campo blu. Sul retro, nello stesso tondo, era raffigurata l'aquila sabauda di nero su fondo oro. Aveva una dimensione di 35 mm per Cavalieri e Ufficiali e di 50 mm per Commendatori, Grandi Ufficiali e Gran Cordoni. Il nastro dell'ordine era rosso con una striscia bianca centrale della larghezza «di due ottavi della larghezza del nastro». I cavalieri portavano la croce dell'Ordine appesa all'occhiello; per gli ufficiali si aggiungeva una rosetta al nastro (come in questo caso). L'Ordine della Corona d'Italia era un'onorificenza del Regno d'Italia. Prima onorificenza a carattere "nazionale" del neonato regno italiano, venne istituita nel 1868 da re Vittorio Emanuele II. Istituito dal re Vittorio Emanuele II il 20 febbraio 1868, in occasione delle nozze del figlio Umberto con la principessa Margherita, per consacrare la quasi consolidata unità d'Italia, grazie all'annessione dei territori veneti, l'ordine si presentava come una variante meno elitaria dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, dal momento che poteva essere conferito sia a civili sia a militari, senza distinzione di religione. L'Ordine però si distingueva da tutti i precedenti creati da Casa Savoia in quanto era il primo ad avere un carattere nazionale, legato indissolubilmente al Regno d'Italia. Il decreto del 1868 stabiliva le classi dell'ordine e il loro limite di numero (art. 4): 60 Gran Cordoni, 150 Grandi Ufficiali, 500 Commendatori e 2 000 Ufficiali (il numero dei Cavalieri rimase indeterminato). Umberto I nel 1885 stabilì un limite nel numero annuo di nomine (12 Cavalieri di Gran Croce, 30 Grandi Ufficiali, 100 Commendatori, 200 Ufficiali e 1 200 Cavalieri) al fine di porre anche l'Ordine della corona d'Italia sul medesimo piano del ben più antico Ordine mauriziano («le due istituzioni cavalleresche si rendano pel ristretto numero e per la qualità dei decorati sempre più degne della fama che meritano per la loro origine»). Da tali limiti erano escluse le nomine motu proprio del sovrano, le nomine a personalità estere e le nomine per funzionari a riposo. I limiti annui furono modificati nel 1890: 12 Cavalieri di Gran Croce, 40 Grandi Ufficiali, 150 Commendatori, 300 Ufficiali e 1 600 Cavalieri.  Un decreto ministeriale della Presidenza del Consiglio dei Ministri stabilì la ripartizione delle nomine tra i ministeri per l'anno 1892: Con decreto del 1911 furono posti nuovi limiti (periodo di due o tre per la nomina a un grado superiore) e l'Ordine della Corona d'Italia divenne propedeutico per l'ammissione nell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Tale riforma a ogni modo fu mal vista soprattutto in certi ambienti aristocratici in quanto sovente l'Ordine della corona d'Italia era assegnato alla borghesia emergente proprio perché variante meno elitaria dell'Ordine mauriziano. Nell'Ordine delle precedenze a Corte e nelle funzioni pubbliche, stabilito tramite decreti, i decorati della Corona d'Italia seguivano puntualmente i parigrado sia dell'Ordine militare di Savoia sia dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Con il decreto del 1911 si garantiva dunque che per essere insigniti dell'Ordine mauriziano fosse necessario essere stati o venire insigniti almeno dello stesso grado dell'Ordine della Corona d'Italia da almeno un anno (art. 4). Da questa regola statutaria erano escluse le nomine motu proprio del Sovrano come quelle dei principi di sangue o come quelle dei parenti stretti di casa Savoia. Alla cessazione della monarchia, il re Umberto II ha continuato a conferire l'Ordine della Corona d'Italia fino alla morte, avvenuta il 18 marzo 1983. Data la richiesta degli aderenti, anche nel regime repubblicano, coloro che fossero stati insigniti di questa onorificenza poterono continuare a fregiarsene in pubblico con l'accortezza però di sostituire nelle barrette da divisa le corone reali con altrettante stellette a cinque punte. Questo status quo delle cose rimase sino al 1951 quando l'Ordine venne definitivamente sostituito con l'Ordine al merito della Repubblica Italiana. Con la morte di Umberto II, questo ordine cessò ufficialmente di esistere e venne formalmente sostituito dall'Ordine al Merito di Savoia, fondato da suo figlio Vittorio Emanuele come ordine dinastico e non più legato quindi alla corona d'Italia. (38x41mm, 11.7.g.). Realizzata in Bronzo (AE) dorato, filamenti in bagno d’oro 14 kt e smalti policromi. Conservazione BB (mancanze negli smalti).