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Lot # 5 - IMPERO ROMANO, VESPASIANO, 69-79 D.C. - AUREO69-70 d.C.,  D/ IMP CAESAR VESPASIANVS AVG, testa laureata a d.  R/ COS ITER TR POT, la Pax seduta a s. con ramoscello di ulivo nella d. e caduceo nella s., Zecca di Roma/Tarraco, Rif. bibl. R.I.C., 1311, Calicò 607;  Metallo: AV, gr. 7,36, Diam. 19,10 mm., mBB.Riportiamo di seguito due estratti dall’ “Appendice Peritale al Certificato di Qualità Bolaffi” n. 238 del 26/05/2020” allegata al presente lotto: … Poiché Vespasiano fu proclamato Imperatore dal Senato nel 69 d.C., mentre si trovava in Palestina al comando delle truppe che stavano fronteggiando la ribellione degli ebrei, le effigi che compaiono sulle sue prime emissioni monetali sono spesso diverse, e talora anche molto diverse, da quelle successive. Ciò dipende dal fatto che gli incisori dei coni non lo ebbero a disposizione per riprodurne le fattezze reali fino alla tarda primavera del 70 d.C. e inoltre, poiché Vespasiano aveva trascorso gran parte della sua carriera militare fuori Roma, il suo volto non era pubblicamente noto in città. Spesso quindi, sulle sue prime emissioni,  Vespasiano sembra somigliare a Vitellio o addirittura a Galba, modelli che gli incisori avevano a disposizione. Non è il caso di questo esemplare, nel quale l'effigie di Vespasiano comincia ad avere tratti suoi specifici, molto simili a quelli che compaiono sulle monete emesse negli anni successivi. Dal commento del rovescio risulta che la moneta è databile alla prima metà del 70 d.C., ma l'effigie che compare al diritto consente di supporre che il periodo di emissione possa addirittura essere ristretto ai soli mesi di maggio e giugno, dopo l’arrivo di Vespasiano a Roma. … … Dalla legenda si apprende che al momenro di coniazione di questa moneta Vespasiano si trovava nel suo secondo Consolato, che gli fu attribuito nel 70 d.C. dopo una prima attribuzione avvenuta nell'ormai lontano 51 d.C., e nel suo primo Tribunato della Plebe, che riguarda invece il periodo 1° luglio 69 - 30 giugno 70 d. C., come attestano in entrambi i casi le fonti storiche. Ciò significa che la moneta è sicuramenre databile al primo semestre del 70 d.C., ma le caratteristiche del ritratto di Vespasiano autorizzano a indicare una datazione ancora più precisa, limitata ai mesi di maggio e giugno del 70 d.C. come meglio spiegato nel commento del diritto. Per quanto riguarda la raffigurazione, essa rappresenta la Pax secondo i canoni della tradizione romana. che prevedevano una figura femminile seduta, come in questo caso, o stante, associata a vari attributi, fra i quali in particolare il ramo d'ulivo, che è un simbolo di pace anche ai nostri giorni. Il caduceo, attributo tipico di Mercurio, nella tradizione romana la divinità che proteggeva i mercanti, simboleggia i benefici che la pace apporta alle attività commerciali. Sebbene nella concezione romana la guerra fosse la condizione normale dell’esistenza, la pace era tenuta in grande considerazione, in quanto percepita come premio per la guerra, ovviamente sempre vittoriosa, e dono degli dei. Perciò essa compare con una certa frequenza sui rovesci delle monete romane, in forme varie, ma con una caratteristica comune: la genericità del suo significato. A differenza della Victoria, spesso accompagnata da epiteti nella legenda o da raffigurazioni, che specificano bene quale sia stato il popolo vinto, la Pax non è mai collegata alla particolare guerra di cui rappresenta la conclusione: ciò deriva dal fatto che Roma non trattava mai la pace col nemico vinto, semplicemente la concedeva a condizioni standard, uguali per tutti i popoli. … PROVENIENZABolaffi, Torino; collezione privata, Roma.
Lot # 6 - IMPERO ROMANO, ADRIANO, 117-138 D.C. - AUREO125-128 d.C.,  D/ HADRIANVS AVGVSTVS, testa laureata a d., con tracce di paludamento sulla spalla s.,  R/ COS III, Adriano a cavallo a d. con lancia nella d., Zecca di Roma, Rif. bibl. R.I.C., 187d; Cohen, 414/Fr.40; Calicò, 1224;  Metallo: AV, gr. 7,12, Diam. 20,24 mm. BBRiportiamo di seguito un estratto dall’ “Appendice Peritale al Certificato di Qualità Bolaffi” n. 248 del 07/03/2018” allegata al presente lotto: … La legenda comunica solo che Adriano, al momento della coniazione di questa moneta, aveva ricevuto la carica di console per tre volte; da ciò non si ricava alcuna indicazione precisa per la datazione dell’ emissione, poiché il consolato fu attribuito ad Adriano per la terza e ultima volta nel 119 d. C. e quindi la data della coniazione sarebbe compatibile con tutto il periodo che va da quell'anno al 138 d.C., data della sua morte. Tuttavia l'analisi dei ritratti monetali dell’ Imperatore indica che questa tipologia di ritratto è posteriore al 125 d.C., data del suo ritorno da un viaggio di quattro anni nelle province dell’Impero, mentre il titolo onorifico di Padre della Patria, assente dalla legenda, fu da lui accettato nel 128 d.C. e compare nella monetazione successiva. Di conseguenza la coniazione di questa moneta può essere fatta risalire all'intervallo fra le due date indicate.  Quanto alla raffigurazione, si può solo osservare che in essa Adriano compare in atteggiamento guerriero, come se fosse all'assalto di un nemico, cosa che non trova riscontro nei motivi, del tutto pacifici, che lo spinsero ad affrontare il viaggio di quattro anni di cui si è detto in precedenza. L’ apparente contraddizione si spiega con il fatto che per i romani la guerra era la condizione normale dell' esistenza e dunque, se si doveva rappresentare l’ imperatore in viaggio, non lo si poteva che rappresentare come un comandante militare alla testa della sue truppe. …PROVENIENZABolaffi, Torino; collezione privata, Roma.
Lot # 7 - IMPERO ROMANO, COSTANTINO, 330-337 D.C. - SOLIDO317-319 d.C.,  D/ CONSTANTINVS P F AVG, Testa diademata a d.,  R/ CONSVL P P PROCONSVL, IS NT, ANT, Zecca di Antiochia, Rif. bibl. R.I.C. 22;  Metallo: AV, gr. 5,28, Diam.: mm. 20,10, mBB.Riportiamo di seguito un estratto dall’ “Appendice Peritale al Certificato di Qualità Bolaffi” n. 434 del 05/05/2021” allegata al presente lotto: … Le raffigurazioni imperiali sulle monete di questo periodo, in particolare per quanto riguarda le zecche orientali, si riallacciano all’ espressionismo tipico delle arti figurative dell’ellenismo romano, nel quale prevalgono la grandiosità e I’effetto scenografico. Sono raffigurazioni generalmente poco in rilievo rispetto al fondo, in netta discontinuità con la ritrattistica imperiale degli anni precedenti, caratterizzata dalla presenza degli abiti militari e dall’ aspetto marziale dei busti. Tuttavia, nonostante si tratti di figure realizzate con l'enfasi massima possibile, esse si attengono ai canoni inaugurati da Diocleziano, che miravano a spersonalizzarle, privandole in gran parte dei tratti caratteristici di ognuna di esse, in linea con il profondo mutamento da lui impresso alla figura del 'imperatore, che da personaggio reale, primus inter pares e uomo fra uomini, era divenuto un semidio, chiuso nei suoi inaccessibili palazzi dorati, una sorta di elemento di raccordo fra gli uomini e gli dei. Perciò le emissioni successive alla riforma costituzionale che introdusse la Tetrarchia presentano effigi imperiali che sono un’ espressione del potere, più che non un ritratto del singolo imperatore, e sono caratterizzate da tratti impersonali di grande ieraticità, tali per cui, ad esempio, Costantino e Licinio non sono fra loro distinguibili al primo sguardo. Per quanto riguarda in particolare questa effigie di Costantino, ne risulta un ritratto massiccio, possente e ipertrofico, come dimostrano le dimensioni del collo che, per quanto potesse essere taurino nella realtà, appaiono assolutamente sproporzionate rispetto alle dimensioni della testa. L’enfasi sulla figura dell'Imperatore è ulteriormente accentuata dal fatto che il suo nome, nonostante la lunghezza,  è l’unica parola non abbreviata della legenda, relativamente alla quale, può essere interessante rilevare anche la presenza degli appellativi Pivs e Felix, poiché entrambi sono caricati di un significato più ampio rispetto alle corrispondenti parole italiane. Pivs indica infatti una persona religiosa e devota, ma anche onesta, benigna e clemente. Tale appellativo, attribuito per primo ad Antonino Pio e divenuto parte integrante del suo nome, era molto ambito dagli Imperatori successivi perché ne richiamava il modello di comportamento, universalmente apprezzato. Il secondo nome, Felix, indica una persona felice perché gode del favore divino. Proprio a partire da Costantino, che liberalizzò il culto cristiano, i due appellativi acquisirono un significato sempre più coerente con la nuova religione: pio iniziò a indicare una persona devota, che sente e mostra una profonda partecipazione alle cerimonie rituali, e felice assunse il significato di colui che non è turbato da dolori o preoccupazioni perché gode cristianamente dello stato di grazia. …PROVENIENZABolaffi, Torino; collezione privata, Roma.

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