Dea Moneta
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Lot # 1444 - Vittorio Emanuele III (1900-1946) 5 Centesimi 1904 - Nomisma 1338 CU (g 5,01) RRRRR In merito a questa moneta il Gigante scrive: "I modelli sono stati desunti da quelli della monetazione in argento del 1901 preparati dall'incisore capo della zecca Filippo Speranza. Essendo egli morto nel 1903, furono ritoccati dal Polledri il quale reggeva temporaneamente la carica di Direttore del Gabinetto d'Incisione. Queste monete si trovano nella stessa situazione dei pezzi da 10 Centesimi del 1908 del tipo Italia su Prora, ma con un vantaggio in più. Furono infatti coniate dopo, e non prima, l'uscita del Regio Decreto che ne stabiliva le caratteristiche. È per questo motivo che vengono inserite in Catalogo. Di queste monete non furono coniate prove, ma solo monete campione, forse 5 per tipo, che furono presentate al Ministero del Tesoro per l'approvazione. Tali monete, coniate dopo la morte dello Speranza, non furono emesse in quanto, presso i depositi della zecca, erano giacenti grosse quantità di monete da 10 e 5 Centesimi dei sovrani precedenti e fu giudicato troppo oneroso riconiare tali monete con l'effigie del nuovo sovrano. I pezzi del 1° tipo spediti al Ministro furono usati per fare omaggi; un esemplare finì nella collezione di S.M. il re; un altro finì al Museo della Zecca; gli altri 3 esemplari del 1° tipo furono poi collocati in collezioni private, uno dei quali si trova ora in una collezione pubblica (Pozzi) conservata a Torino. Delle monete del 2° tipo se ne conosce un solo esemplare individuato, dall'Ing. D'Incerti, in una collezione privata. L'Ing. D'Incerti le inserisce tra le monete discutibili del regno di Vittorio Emanuele III, d'altra parte la loro situazione è molto simile a quella del 4 Soldi in argento di Pio IX, coniato con bordo liscio e rigato, considerato vera moneta pur non essendo mai stato in circolazione. Il Dotti nel 1913 quotava il 5 Centesimi del 1904 del 1° tipo Lire 800, quando le 5 Lire del 1901 erano quotate Lire 400, ed i 10 Centesimi del 1908 Lire 200; ed anche negli anni successivi è sempre stata considerata una moneta importante. (...)". Nell'asta Nomisma Spa 47 del 2013 un esemplare analogo ha realizzato € 74.000 + diritti. FDC
Lot # 1459 - Vittorio Emanuele III Repubblica sociale italiana (1943-1945) 10 Centesimi 1943 An. XXI - Nomisma 1469 AC RRRRR Debolezze di conio ma moneta di grandissima rarità. Il Gigante in merito a questa moneta scrive: "La coniazione di queste monete campione fu effettuata nella zecca di Aosta (stabilimenti Cogne) dopo il 26 luglio del 1944 con «materiale creatore» predisposto precedentemente a Roma. I pochi esemplari conosciuti di questa moneta differiscono notevolmente l'uno dall'altro sia per il peso, che varia da 2,63 a 2,83 grammi, sia per l'aspetto, che delle volte si presenta male impresso ed altre volte meglio impresso ma con superficie quasi spugnosa. Tutti i pezzi sono fortemente magnetici. Data la scarsità degli altri metalli, in quel periodo impiegati nell'industria bellica, questa moneta costituisce un esperimento di monetazione in acciaio che rimase però allo stadio di esperimento tecnico a causa del precipitare degli eventi bellici. Questa moneta ha una duplice collocazione, infatti, i conî, modellati da Giuseppe Romagnoli ed incisi da Pietro Giampaoli, furono preparati per la realizzazione di un progetto per la monetazione di Vittorio Emanuele III per il regno d'Italia. Infatti, la data della moneta, l'anno XXI dell'era fascista che terminava il 27 ottobre, dimostra inequivocabilmente che la realizzazione dei conî avvenne nel periodo antecedente alla caduta del fascismo. Per contro, la Repubblica Sociale Italiana, utilizzando i conî precedentemente preparati, provvide alla realizzazione di questa emissione sperimentale. Quindi, lo studio e la realizzazione dei conî sono attribuibili alla monetazione del regno d'Italia; invece, la realizzazione delle monete è da attribuire alla Repubblica Sociale Italiana. Utilizzando i macchinari trasferiti da Roma ad Aosta nell’aprile del 1944, furono coniati 32 esemplari di questa moneta sperimentale, di cui 20 inviati alla Direzione Generale del Tesoro di Brescia e 12 restituiti, dopo la guerra, alla Zecca di Roma insieme ai macchinari utilizzati ad Aosta. Di questi ultimi pezzi, 10 furono deformati e 2 consegnati al Museo della Zecca di Roma, dove si trovano tutt'ora con il cartellino di catalogazione originale con la dizione «Zecca di Aosta» (...)". FDC