Fu studioso di medaglistica e donò all’Italia quattromila monete sabaude | Di lui ci restano medaglie celebrative, una banconota e le quattro prove Italia del 1946
Umberto di Savoia, principe di Piemonte, in uniforme nei primi anni ’30
di Roberto Saccarello | Dopo la nascita di Jolanda, nel 1901, e di Mafalda, nel 1902, un figlio maschio si faceva desiderare alla corte dei Savoia, dove vigeva la legge salica che escludeva le donne dalla corona. Finalmente, il 15 settembre 1904, mentre nel paese era in atto uno sciopero generale, giunse la notizia tanto attesa: le campane di Racconigi – un antico castello del Piemonte ceduto ai Carignano tre secoli prima dal ramo primogenito – avevano annunciato la nascita dell’erede al trono, avvenuta alle undici di sera. Ci fu gran festa nella cittadina illuminata con migliaia di lampadine e, per giorni, giunsero al castello sabaudo delegazioni di sudditi per rendere omaggio ai reali genitori Vittorio Emanuele ed Elena.
Il 20 settembre il presidente del Senato Giuseppe Saracco redasse l’atto di nascita fungendo da testimoni Costantino Nigra (il famoso ambasciatore, un superstite del tempo di Vittorio Emanuele II) e l’ex presidente della Camera Biancheri. Per festeggiare la nascita il re conferì tre collari dell’Annunziata, uno dei quali al capo del Governo Giovanni Giolitti, accorso anche lui a Racconigi su di un treno speciale.
Al fonte battesimale vennero imposti al principino i nomi di Umberto, Nicola, Tommaso, Giovanni, Maria. La regina madre Margherita partecipò la sua gioia al vescovo di Cremona monsignor Bonomelli: “Assieme a queste righe le mando la medaglia che ho fatto coniare per il battesimo del mio desiderato nipotino; è il ritratto del Bambino tatto dalla fotografia fatta il giorno che il piccolo compiva il primo mese di vita…”.
Medaglia in oro per le nozze con Maria José del Belgio celebrate l’8 gennaio 1930
Gli italiani accolsero Umberto con affetto; bambino, ragazzo, giovinetto, vestito alla marinara, vestito da allievo del collegio militare, in uniforme di sottotenente dei granatieri, suscitava l’ammirazione più facilmente del padre, chiuso e distante. Sembrava che “le prince d’amour”, com’era chiamato a corte, incarnasse veramente le speranze dei sudditi con la sua figura elegante e slanciata, con i suoi lineamenti fini.
Ebbe come educatore il comandante Bonaldi e la severità militare lasciò su di lui un’impronta che nulla potè più cancellare: si abituò a una certa rigidezza di modi, a dominarsi, a nascondere i sentimenti sgradevoli, a moderare i sentimenti di gioia, ad accettare perfino il matrimonio con la principessa Maria José del Belgio.
La principessa Maria José che, sposando Umberto, sarebbe divenuta per breve tempo anche l’ultima regina d’Italia
Come principe ereditario non doveva in alcun modo occuparsi di politica in ossequio al principio “i Savoia regnano uno alla volta”. Venne investito di responsabilità dinastico-istituzionali solo al tramonto del regime monarchico, nel difficile periodo che seguì la disfatta dell’Italia nel Secondo conflitto mondiale: per due anni come luogotenente generale del Regno, per 34 giorni come re.
Umberto, infatti, tornò a Roma l’8 giugno 1944, nove mesi dopo l’armistizio. Il suo primo atto come luogotenente consistette nella investitura del governo Bonomi: la Corona sembrava, così, riprendere in pieno la sua funzione istituzionale nonostante l’orientamento repubblicano dei maggiori partiti.
Due anni dopo, a seguito dell’abdicazione di Vittorio Emanuele III, avvenuta a Napoli il 9 maggio 1946, il Quirinale divenne di nuovo la sede del re; lo sarebbe rimasta, però, per poco più di un mese; infatti, nonostante l’impegno di Umberto II per risollevare in extremis le sorti della monarchia, il referendum del 2 giugno, seppure di stretta misura e con fondati dubbi sulla correttezza delle operazioni elettorali, sancì il passaggio dell’Italia alla forma repubblicana.
La magnifica medaglia nuziale modellata da Giuseppe Romagnoli e coniata dalla Regia Zecca nel 1930
Il “re di maggio”- così fu chiamato con ironia dai repubblicani – partì per l’esilio il 13 giugno lasciando dietro di sé un proclama: è un duro messaggio di protesta contro “il colpo di stato” compiuto dal Governo prima della pronuncia definitiva della Cassazione sui risultati del referendum, ma si conclude con una nota pacificatrice e con lo sciogliere dal giuramento di fedeltà alla Corona quanti lo avevano prestato. Il suo grande merito fu di aver evitato la guerra civile che avrebbe diviso quell’Italia unita proprio dai Savoia.
Nel tempo sono apparse sul mercato varie “pseudo monete” a nome di Umberto II di Savoia come questa “100 lire oro” senza data (in realtà, si tratta di una medaglia di produzione privata)
In Portogallo, già terra d’esilio dell’avo Carlo Alberto, Umberto, sotto il nome di conte di Sarre, trascorse in solitudine il resto della sua vita, mai rinunciando alle sue prerogative sovrane. La sua figura non fu mai coinvolta nei disegni di restaurazione dei suoi seguaci più accesi, né confusa con le intemperanze dei suoi familiari.
Sorretto da una profonda fede religiosa, seppe affrontare con dignità davvero regale avversità pubbliche e private. Morì a Ginevra l’8 marzo 1983 dopo lunghe sofferenze, senza poter rivedere l’Italia. Nessun rappresentante del Governo italiano presenziò ai suoi funerali, celebrati nell’Abbazia di Hautecombe in Savoia, dove ebbe sepoltura accanto ai suoi antenati.
Nel suo testamento aveva disposto, tra l’altro, il ritorno in Italia delle circa quattromila monete battute dai Savoia da lui conservate a Cascais, consentendo così di riunirle al resto della Collezione reale, una delle più ricche al mondo, già donata da Vittorio Emanuele III – “il re numismatico” al popolo italiano partendo per l’esilio.
La serie di prove ITALIA con data 1946 nacque da decreti legge luogotenenziali e, con l’iscrizione REPUBBLICA ITALIANA, divenne la prima definitva del dopoguerra
Per la brevità del suo regno e le difficili circostanze in cui avvenne la sua ascesa al trono, a Umberto II non toccò neppure l’onore di vedere il suo profilo inciso su di un tondello; onore di cui, invece, aveva goduto in larga misura il genitore Vittorio Emanuele III a cui sono legate le più belle coniazioni della serie italiana.
Pertinenti al periodo di Umberto rimangono le quattro monete prova in italma da 1, 2, 5 e 10 lire con la legenda ITALIA modellate da Romagnoli che, come documentato, furono preparate sotto la luogotenenza e il regno di Umberto in attesa dell’esito del referendum . Tali prove verranno riprese con leggere modifiche per effettuare la prima emissione della Repubblica.
La banconota da 500 lire a firme Einaudi-Urbini del tipo qui illustrato è l’unica che si può considerare emessa durante il periodo di Umberto II come ultimo re d’Italia
Il decreto n. 298 del 6 settembre 1946 con cui il capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola autorizzava la Zecca a coniare le prime quattro monete repubblicane deriva, in realtà, dai due precedenti decreti legge n.151 e 419 firmati da Umberto e datati, rispettivamente, 25 giugno 1944 e 8 maggio 1946. Così, paradossalmente, i primi coni della Repubblica Italiana trovano origine in due provvedimenti di legge del periodo della monarchia…
L’unico segno lasciato da Umberto II in campo monetario va, quindi, considerata la banconota da 500 lire a firme Einaudi-Urbini, messa in circolazione dalla Banca d’Italia il 6 giugno 1946, a referendum già avvenuto; solamente il 12 giugno, infatti, con l’annuncio da parte del Governo del passaggio dei poteri di capo di Stato al presidente del Consiglio, avrebbe avuto inizio, in realtà, il periodo repubblicano.
Medaglia in bronzo del 1973 che celebra Emanuele FIliberto duca di Savoia, fondatore quattro secoli prima dell’Ordine Mauriziano; con lui, il gran maestro in carica Umberto
Va infine ricordato che Umberto, collezionista e studioso eccellente di medaglie, pubblicò nel 1980 con le iniziali “U.S.” un volume edito da Santamaria sulle medaglie di Casa Savoia fino a Vittorio Amedeo II; la trattazione avrebbe dovuto estendersi, poi, ai re di Sardegna e ai re d’Italia, ma il progetto si interruppe per la scomparsa dell’autore. Durante gli anni d’esilio, Umberto curò anche l’emissione di alcune medaglie in occasione di ricorrenze ed eventi legati alla dinastia sabauda.
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