Vittorio Emanuele III Repubblica sociale italiana (1943-1945) 10 Centesimi 1943 An. XXI - Nomisma 1469 AC RRRRR Debolezze di conio ma moneta di grandissima rarità. Il Gigante in merito a questa moneta scrive: "La coniazione di queste monete campione fu effettuata nella zecca di Aosta (stabilimenti Cogne) dopo il 26 luglio del 1944 con «materiale creatore» predisposto precedentemente a Roma. I pochi esemplari conosciuti di questa moneta differiscono notevolmente l'uno dall'altro sia per il peso, che varia da 2,63 a 2,83 grammi, sia per l'aspetto, che delle volte si presenta male impresso ed altre volte meglio impresso ma con superficie quasi spugnosa. Tutti i pezzi sono fortemente magnetici. Data la scarsità degli altri metalli, in quel periodo impiegati nell'industria bellica, questa moneta costituisce un esperimento di monetazione in acciaio che rimase però allo stadio di esperimento tecnico a causa del precipitare degli eventi bellici. Questa moneta ha una duplice collocazione, infatti, i conî, modellati da Giuseppe Romagnoli ed incisi da Pietro Giampaoli, furono preparati per la realizzazione di un progetto per la monetazione di Vittorio Emanuele III per il regno d'Italia. Infatti, la data della moneta, l'anno XXI dell'era fascista che terminava il 27 ottobre, dimostra inequivocabilmente che la realizzazione dei conî avvenne nel periodo antecedente alla caduta del fascismo. Per contro, la Repubblica Sociale Italiana, utilizzando i conî precedentemente preparati, provvide alla realizzazione di questa emissione sperimentale. Quindi, lo studio e la realizzazione dei conî sono attribuibili alla monetazione del regno d'Italia; invece, la realizzazione delle monete è da attribuire alla Repubblica Sociale Italiana. Utilizzando i macchinari trasferiti da Roma ad Aosta nell’aprile del 1944, furono coniati 32 esemplari di questa moneta sperimentale, di cui 20 inviati alla Direzione Generale del Tesoro di Brescia e 12 restituiti, dopo la guerra, alla Zecca di Roma insieme ai macchinari utilizzati ad Aosta. Di questi ultimi pezzi, 10 furono deformati e 2 consegnati al Museo della Zecca di Roma, dove si trovano tutt'ora con il cartellino di catalogazione originale con la dizione «Zecca di Aosta» (...)". FDC