Dea Moneta
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Lot # 1001
COLLEZIONISMO VARIO – REGNO D’ITALIA - VENTENNIO FASCISTA – BENITO MUSSOLINI – MARCIA SU ROMA – GABRIELE D’ANNUNZIO - TAGLIACARTE (1922-1926). Splendido tagliacarte di epoca fascista. Nella parte anteriore in cima, busto del Duce sopra un cippo su cui è scritto TU DUCA TU SIGNORE TU MAESTRO (che riprende parzialmente una frase di Dante nel II canto dell’Inferno), a sua volta sopra un fascio littorio, di tipo repubblicano, posto trasversalmente su cui è un festone con scritto EJA EJA EJA ALALA’. Nella parte posteriore dell’ara vi è un elmo pretoriano con due frecce verso il basso, nella parte del festone vi è la scritta OTTOBRE MCMXXII (data della Marcia su Roma). Si tratta indubbiamente di un esemplare di grande pregio che all'epoca doveva costituire un dono prezioso. Questo oggetto è un testimone prezioso del "mito Mussoliniano" che testimonia questo culto, salvatosi dalla furia iconoclastica del dopo 25 aprile. La presenza del fascio repubblicano lo data ad un periodo intercorrente fra il 1922 e il 1926. Realizzato in Bronzo (AE) con lama brunita (22x7cm,284 gr.). Conservazione BB/SPL (probabilmente pulito). Un tagliacarte identico è pubblicato nel 1° volume della Trilogia "Ieri ho visto il Duce" di Maffei, Raspagni e Sparacino a pagina 200 (si allega foto per il confronto). Eja, eja, alalà. Così si esultava e si brindava, ci si incoraggiava e talvolta ci si salutava. Ma quel curioso grido di giubilo, la cui invenzione si attri­buisce a Gabriele D'An­nunzio (durante il bombar­damento di Pola, 8 agosto 1917), era in realtà la combinazio­ne di due esclamazioni antiche. "Eja" era lega­ta al mondo romano e fu tramandata dai crocia­ti. "Alalà" era il grido di guerra dei Greci: Achille lo usava per aizzare i cavalli.  Di "eja" si tro­vano tracce in racconti e poesie, da Boccaccio a Pascoli. E sempre Pasco­li fu il primo a recupera­re, nei Poemi conviviali, il grido "alalà". L'esclamazione, che doveva sostituire il barbarico "hip, hip, urrah!", venne fatta propria dagli aviatori e poi dai fascisti, che la gridavano nelle adunate e la inserirono nei loro canti, primo fra tutti il rifacimento di Giovinezza: "Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, della vita nell'asprezza il tuo canto squilla e va. E per Benito Mussolini: eja, eja, alalà!".